I fiori del male – Jim Croce
“Sembra non ci sia mai abbastanza tempo per fare le cose che vorresti”. Ascoltare quei versi col senno di poi, sapendo la triste storia del loro autore, fa ancora più male. Sono le parole della splendida ballata Time in a Bottle di James Joseph (Jim) Croce, cantautore figlio di immigrati italiani nato a Filadelfia il 10 gennaio 1943. Talento musicale precocissimo, Croce impara a suonare la fisarmonica a 5 anni, mentre a 18 scopre la chitarra e inizia a suonare negli Spires, un gruppo che eseguiva classici folk composto anche da Tommy West e Tim Hauser.
Il primo disco, Facets, esce nel 1966. A finanziarne la realizzazione con 500 dollari sono i genitori, come regalo per le nozze del figlio con la partner – nella musica e nella vita – Ingrid Jacobson. La speranza dei genitori è che il disco sia un totale fallimento, in modo da spingere Jim a trovarsi “un lavoro rispettabile”. Le 500 copie del disco vanno però sold out. Ciononostante, la sua carriera non decolla e il cantautore è costretto a fare il camionista per riuscire a mantenersi; un’esperienza che gli dà l’ispirazione per scrivere alcune canzoni fondamentali nella sua produzione come Big Wheel e Workin’ at the Car Wash Blues.
Il viaggio on the road è dunque un elemento chiave della poetica di Jim Croce, non solo per via del lavoro da camionista, ma anche perché suonare per lui significa viaggiare – e viaggiare parecchio. Viaggia da un music club a un piccolo teatro universitario, di locale in locale, sera dopo sera per 250 giorni all’anno. La notte del 20 settembre del 1973, Jim compie un atto diventato ormai di ordinaria amministrazione: prende un aereo per raggiungere il luogo dove si sarebbe dovuto esibire in concerto il giorno successivo. Pochi minuti dopo il decollo, però, l’aereo precipita, schiantandosi contro un albero nei dintorni di Natchitoches, Louisiana.
Solo dopo la sua tragica morte Croce riesce a raggiungere il successo sperato. Sull’onda dell’emozione che colpisce il Paese, infatti, i suoi dischi balzano ai primi posti delle classifiche, assicurando all’artista la notorietà che ha sempre meritato. Al contrario, la moglie Ingrid (rimasta senza genitori e con un bambino, Adrian James) si trova nella peggior situazione possibile. Ci vorranno quasi 12 anni per riuscire a godere del sostegno economico garantito dalle royalties della musica del marito e, nel frattempo, il piccolo AJ viene colpito da una malattia rara che colpisce la vista; come se non bastasse, in seguito a un’operazione la stessa Ingrid si ritroverà con le corde vocali danneggiate e non riuscirà più a cantare.
Quello di Jim Croce e della sua famiglia è un dramma ingiusto, profondo e disarmante. C’è solo un piccolo possibile lieto fine, sempre che lo si possa considerare tale. Dagli anni Ottanta a oggi, Ingrid Croce ha avviato un’attività di ristorazione di successo, con due ristoranti e tre bar nel Gaslamp, quartiere centrale e cuore della vita notturna di San Diego, in California. Nei locali si trova appesa ai muri ogni sorta di “memorabilia” di Jim e, di tanto in tanto, capita anche che il figlio AJ (diventato anch’egli musicista e cantautore) vi si esibisca a sorpresa.
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mercoledì 19 Marzo 2025