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Gli Oscar hanno paura degli Horror

Come ogni anno il periodo degli Oscar si avvicina e porta con sé un numero di polemiche “ben superiore al numero di film effettivamente validi che verranno premiati”, perlomeno a detta della borbottante fetta di pubblico che li ha comunque divorati in sala o in streaming. Se qualche anno fa era l’introduzione dell’inclusività obbligatoria – con quote di così definite “minoranze” da inserire nel processo di produzione o nel cast – per la 95° edizione il “problema centrale” sembrerebbe essere quello della mancanza di film horror, nonostante il 2022 sia stato un anno più che prolifico per i prodotti di questa categoria.

Tra i tanti esclusi di prestigio è tassativo nominare al primo posto “Nope”, il terzo capitolo del ciclo di film diretti e pensati dal grande Jordan Peele, già capace di vincere un Oscar alla miglior sceneggiatura originale per “Get Out”, nonostante il suo ultimo lavoro sia degno di nota per gli effetti speciali strabilianti e per la grande fotografia – opera di van Hoytema, già candidato per “Dunkirk”; altri titoli che avrebbero potuto meritare sono Pearl, prodotto della strepitosa A24, Wendell and Wilde – diretto da Henry Selick e con lo zampino, ancora una volta, di Peele, o Prey, quotatissimo dai bookmakers appena pubblicato su Disney+, per i numeri da capogiro e per le, potenzialmente circostanziali, scuse dell’Accademy alla defunta Sacheen Littlefeather in quegli stessi giorni.

Sorge allora spontaneo chiedersi: perché? Perché non avere un’effettiva categoria a parte dove includere tutti i film dell’horror o dell’orrore? La risposta è probabilmente di stampo morale, perché gli Oscar non hanno mai visto di buon occhio i film horror, un po’ magari perché la “competizione” è un evento pubblico di queste dimensioni e non potrebbe proporre scene sanguinolente, calcolando che l’audience potrebbe essere popolata anche da bambini. Uno degli scenari più quotati è quello per cui il punto sia nel fatto che gli horror sono sempre stati considerati dagli statunitensi, nonostante le tante eccellenze come Carpenter, Romero o Raimi, come una sorta di sottogenere. Eppure pochi film come molti targati come “horror” riescono a cogliere gli aspetti più viscerali dell’animo umano: parliamo di paura, istinti di sopravvivenza, sentimenti forti, persino estremi. La lista di titoli esclusi e che avrebbero potuto essere benissimo considerati per il Miglior film potrebbe andare avanti per molto ed è abbastanza considerare Psycho (4 candidature, 0 premi), Us, Hereditary e Texas Chainsaw Massacre. Ognuno di questi film ha il suo perché: dal “perfetto” horror moderno – terrorizzante, c’è da sottolinearlo – di Ari Aster, alla denuncia sociale di Us o TCM o l’essere generazionale e d’ispirazione per chissà quanti altri film come Psycho.

Il segreto, forse, è solo non chiamarlo horror: Peele, indiscusso numero uno nel campo attualmente, non ha mai apprezzato che “Get Out” fosse definito come così: dramma è meglio, thriller non ti dico, nemmeno “Il Cigno Nero (2010)” e “Il Silenzio degli Innocenti”, sono mai stati chiamati con troppa decisione più che thriller, sminuendo a pieno il genere. Questo fatto è uno dei tanti che ha portato a diminuire la credibilità dei premi cinematografici più prestigiosi al mondo, ormai agli sgoccioli. Noi d’oltreoceano l’abbiamo idealizzata e per quanto si tratti sicuramente di un grande momento – per lo scenico red carpet e per i vari palmarès – ma la trama è sempre la stessa, è un continuo déjà-vu: cambiano i titoli ma lo stampo dei film premiati è costante, non c’è mai niente di nuovo, nemmeno la paura degli Oscar per gli Horror.

Cultura

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giovedì 18 Aprile 2024