Fenomenologia di James Franco

Attore, prima di tutto. Ma anche regista e sceneggiatore. Scrittore di racconti. Pittore. Insegnante tuttologo in una scuola di cinema. Scuola che lui stesso ha fondato nel 2014 e che è fallita 3 anni dopo. Tutto questo è James Franco, diventato celeberrimo grazie al ruolo di Harry Osborn nella trilogia di Spider-Man di Sam Raimi e assurto agli onori (o ai disonori) delle cronache negli ultimi anni per questioni extra-cinematografiche e legate al suo comportamento inappropriato nei confronti di alcune studentesse iscritte alla sua scuola.

Perché scrivere di James Franco? Perché, a quanto pare, sta tornando. E non è cosa comune per chi è stato colpito e affondato dagli strali del #metoo. Dopo un silenzio che dura ormai dal 2019, pare che l’attore abbia ben sette progetti in ballo, alcuni dei quali già pronti ad essere divulgati al grande pubblico. Come sarà accolto? La carriera di James Franco è difficile da leggere, anche prima che fosse accusato di molestie. Tanti film, molto altalenanti qualitativamente. A guardare la sua filmografia sembra che non gli sia mai interessato più di tanto del Progetto. Cinema per il cinema, per l’arte cioè o, più probabile, per i soldi. Ma tant’è. Ci sono attori e attrici che giunti a un certo (alto) livello rifiutano i ruoli che potrebbero infangare la loro filmografia. Ce ne sono altri invece, come Franco (o De Niro), che se ne sono fregati e se ne fregano beatamente. Per esempio, al 2018 risalgono due progetti antitetici: il bel La ballata di Buster Scruggs (media IMDB: 7.2) e l’osceno Future World (media IMDB: 3.3), che Franco ha anche diretto.

Ciò che di lui ha sempre colpito è la varietà e la bulimia con cui si approccia all’arte. Dal cinema alla pittura, James Franco non vuole stare fermo: nel 2017 ha preso parte a ben 15 progetti cinematografici e televisivi. Un numero irreale, se si pensa che solitamente un attore riesce a partecipare a un paio di film in un’annata, tre al massimo, e un regista quando dirige un film all’anno è da applaudire. L’altra faccia della medaglia di questa voracità – che sembra figlia della volontà di lasciare in qualche modo un segno – è legata ovviamente alla legge dei grandi numeri: quando reciti-dirigi-scrivi 15 progetti in un anno, è normale che la qualità passa in secondo piano. Ma, come detto, a Franco sembra interessare ben poco.

Volontà di lasciare un segno? Forse non è la giustificazione corretta. È meglio parlare di desiderio di battere il ferro finché è caldo. Quando sei sulla cresta dell’onda, ci vuole poco per precipitare, e la parabola di Franco lo dimostra piuttosto bene. Se avesse voluto semplicemente lasciare un segno avrebbe centellinato con molta più cura le proprie apparizioni. La bulimia che lo spinge ad accettare 15 progetti in un anno ha più il sapore della volontà di esserci perché oggi va così e domani non si sa. Basta considerare il futuro prossimo, di cui s’è già parlato: come altro spiegare i 7 progetti che ha in lavorazione? Oggi c’è, domani chissà. 

Cultura
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sabato 27 Luglio 2024