“Felicità” di Micaela Ramazzotti. Quando il cinema italiano parla di società e ci sorprende

Se è vero che “i soldi non comprano la felicità” cosa può renderci davvero felici? E una volta che l’abbiamo scoperto, siamo sicuri che la felicità sia un obiettivo da raggiungere? In tanti credono che ciò non sia necessario e danno la priorità ad un’altra sensazione, meno altalenante e più duratura: la serenità.

Raccontando una storia amara che oscilla tra il dramma e la commedia, Micaela Ramazzotti ha debuttato nel mondo della regia, producendo il film “Felicità”, che già dalle prime uscite ha dimostrato tutto il suo valore registico e narrativo, vincendo il Premio Spettatori alla Mostra del Cinema di Venezia di quest’anno.

La storia è ambientata ai giorni nostri e presenta Desirè, una truccatrice di Cine Città che vive in una famiglia disfunzionale: con un fratello che ha problemi psichici e i genitori irresponsabili, convinti che tutto sia dovuto e che si approfittano dei figli per raggiungere i propri interessi. Al suo fianco c’è un compagno che vorrebbe aiutarla a liberarsi da una situazione familiare tossica ma, a causa del suo narcisismo, non riesce a trasmetterle le sue buone intenzioni. In seguito ad un tragico evento, molte cose nella sua vita cambieranno e la protagonista dovrà imparare a cavarsela da sola, per riprendere in mano la sua vita e raggiungere i suoi obiettivi.

Fai da te? No grazie! Con la salute mentale non si scherza

La prima cosa che salta all’occhio in questa proiezione è la rappresentazione caricaturale e coinvolgente dell’“italiano benaltrista”, convinto di essere l’unico lavoratore serio, che spera di ottenere vantaggi immeritati perché tutto gli è dovuto e che “ai suoi tempi era tutto più difficile”. Nei genitori della protagonista – interpretati egregiamente da Max Tortora e Anna Galiena – vediamo due persone maldisposte verso le novità: convinte che l’età abbia insegnato loro tutto ciò di cui hanno bisogno e che ciò che non comprendono (come, ad esempio, la psicoterapia) sia una truffa.

Senza usare toni paternalistici, questo film è un elogio alla cultura e parte dal presupposto che lo studio, le competenze e la meritocrazia siano essenziali per farsi strada nella vita.

Il filo conduttore di questa pellicola, però, è quello della salute mentale. Attraverso le vicende del fratello, la regista mostra l’importanza di non sottovalutare nessun sintomo fisico e psicologico indicatore di possibili difficoltà mentali. L’appello lanciato in questa storia è che con le malattie non si può improvvisare, ma è fondamentale rivolgersi a gente competente, senza la presunzione di sapere già tutto. Perché è solo trovando il modo giusto per far fronte ai problemi che si può trovare la strada per la felicità.

Il cinema italiano può ancora stupire

Non sempre il cinema italiano regala delle opere cinematografiche sorprendenti. Che sia per le poche risorse o per una scarsa qualità artistica, negli ultimi anni il pubblico che vuole emozionarsi ha cercato rifugio nei film internazionali, alla ricerca di un coinvolgimento a 360°. Con questo film otteniamo lo stesso effetto, godendo della spontaneità tutta italiana che, in questo caso, fornisce un valore aggiunto alla pellicola!

Cultura
Lascia un commento

I commenti sono moderati. Vi chiediamo cortesemente di non postare link pubblicitari e di non fare alcun tipo di spam.

Invia commento

Twitter:

giovedì 27 Marzo 2025