DE ANDRÈE DESSì CI PORTANO ALLA SCOPERTA DELLA TESTARDAGGINE DEL POPOLO SARDO

L’amore per la terra e la cultura sarda del grandissimo cantautore Fabrizio de Andrè è risaputa tanto che descrisse così la sua vita in questa regione:

“La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso.”

Questo suo amore lo spinse a trasferirsi nell’Isola e a stabilirsi all’Agnata, la tenuta in cui vivrà per anni. L’Agnata in gallurese significa “angolo nascosto riparato dai venti” che in Sardegna soffiano forte. È qua che il cantautore impara il dialetto gallurese e decide di scriverci una canzone intitolata “Zirichiltaggia”.

Il testo parla di due fratelli. Il protagonista rinfaccia all’altro di essersi preso la parte migliore dell’eredità del padre che ha però sperperato, non è stato in grado di farla fruttare e adesso chi sta meglio è il fratello che ha avuto l’eredità più povera ma ha saputo sfruttarla con intelligenza. La canzone si conclude con una nota ironica perché il fratello che ha saputo utilizzare al meglio la sua parte di eredità invita l’altro a risolvere la faccenda in piazza. Lo saluta dicendo “ponimi la faccia in culu”, credo non abbia bisogno di traduzioni. Ovviamente questo saluto è una dichiarazione di guerra, segno del fatto che al fratello più intelligente non è bastato vedere l’altro rovinato ma vorrebbe rincarare la dose con ostinazione.

Giuseppe Dessì è uno scrittore sardo autore de “Le carte di Michele Boschino”. Questo romanzo parla proprio delle dispute della famiglia del protagonista per l’eredità. Il padre di Michele, Giuseppe, aveva ereditato un giogo di buoi da uno zio che aveva assistito in vecchiaia. Aveva così scatenato l’invidia dei fratelli Salvatore e Benedetto che reclamavano la loro parte di eredità, nonostante non gli spettasse perché lo zio aveva lasciato uno scritto con le sue volontà. Giuseppe aveva venduto i buoi ed aveva investito nelle sue terre. Era riuscito ad avere una condizione economica migliore perché aveva seminato bene il suo campo e ora ne raccoglieva i frutti. I fratelli erano più arrabbiati per il fatto che Giuseppe, col suo duro lavoro, era riuscito ad assicurare alla moglie e al figlio una vita migliore piuttosto che per l’eredità. La questione andrà avanti per anni e i 3 fratelli arriveranno addirittura alle mani. Alla sua morte l’eredità di Giuseppe passerà al figlio Michele che nonostante i consigli del padre, sarà perseguitato da quel problema irrisolto fino alla morte.

De Andrè e Dessì riportano attraverso uno spaccato di vita famigliare una realtà che resiste al tempo. Entrambi pongono l’accento su una caratteristica del popolo sardo: la testardaggine. Le lotte per l’eredità specialmente tra fratelli esistono in tutto il mondo, ovviamente non riguarda solamente i sardi ma la loro testa dura non facilita le cose. È proprio ciò che accade al protagonista del romanzo di Dessì, per la sua testardaggine morirà solo come un animale. Zirichiltaggia in gallurese significa “lucertolaio”. Forse De Andrè ha scelto questo nome perché la lucertola ha una caratteristica particolare: quando le viene recisa la coda dopo un certo periodo di tempo ricresce. Il pezzo di coda reciso della lucertola addirittura continua a dimenarsi dopo che si è staccata dal corpo. Mi piace pensare che il cantautore abbia scelto questo nome per la capacità di resistenza che i sardi hanno nei pregi e nei difetti. Il popolo sardo è conosciuto per la sua ospitalità ma allo stesso tempo per la diffidenza verso lo straniero. Sembra un ossimoro ma De Andrè sembra aver capito la dualità di questa gente e della loro terra impervia e bellissima.

Cultura
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giovedì 15 Maggio 2025