Capire Jackson Pollock

Parlare di arte contemporanea è un must per chi vuol fare bella figura in certe conversazioni non per forza altolocate, ma abbastanza importanti da solleticare quel pizzico di orgoglio personale che ci vuol far apparire come intellettuali navigati. Vuoi mettere saper spiegare un quadro di Pollock quanti punti intellighenzia fa guadagnare?

Al di là dei figuroni coi parenti, comunque, conoscere l’arte di Jackson Pollock non è solo questione di nozionismo fine a sé stesso. Dietro al dripping – lo sgocciolamento della pittura direttamente sulla tela, tecnica che caratterizza la pittura astratta della cosiddetta action painting – di Pollock si cela un’idea, un’intuizione che l’artista concretizza lasciandosi guidare dal subconscio. In questo senso, le ricerche di Sigmund Freud e di Carl Gustav Jung hanno avuto un’influenza fondamentale sul mondo dell’arte così come su quello della letteratura, del cinema e via dicendo.

Prendiamo per esempio One: Number 31 (1950), che vedete qui sopra in copertina. A un primo sguardo può sembrare un tentativo quasi iracondo e maniacale (come del resto era anche il pittore) di ricoprire ogni centimetro libero della tela, ma un’osservazione più attenta troverà una certa armonia, un – pur vivace – equilibrio tra i colori e le pennellate. Number 31 è una delle opere che meglio rappresenta lo stile del pittore: dopo aver abbandonato le più classiche tradizioni pittoriche, sistema la tela sul pavimento e dipinge usando tutto il corpo, perché vuole «essere parte del dipinto».

La visione d’insieme è astratta e non richiama alcuna forma nota: la figuratività è volutamente accantonata per poter dare spazio all’intricato ritratto dell’animo umano. Ogni anima, in quanto unica e irripetibile, può fornire un’interpretazione unica e irripetibile dell’opera. Qualcuno in Number 31 può vedere un sentimento, qualcun altro i movimenti frenetici delle dita di un pianista sui tasti bianchi e neri del pianoforte, un altro ancora può vederci i guizzi delle sinapsi neuronali, e così via. Il merito di Pollock è proprio questo: lasciare spazio a interpretazioni altrui dando contemporaneamente sfogo al proprio Super-io.

Chi ha visto la serie tv Marvel Daredevil ricorderà la predilezione di Wilson Fisk per Rabbit in a Snowstorm, il dipinto completamente bianco che riporta Fisk indietro nel tempo, agli anni della sua infanzia, perché le pennellate sul quadro gli ricordano da vicino la parete del muro della sua vecchia casa. Con le opere di Pollock capita lo stesso: ci si immerge interamente nell’universo cognitivo dell’artista, si familiarizza con la sua pittura e ci si lascia trasportare dal flusso dell’immaginazione.

In una società che ci spinge a essere produttivi ogni singolo secondo della nostra vita, fatevi questo regalo: prendetevi del tempo per osservare le tele di Pollock e lasciate a briglie sciolte la vostra fantasia. Potreste persino divertirvi, che di questi tempi non è poco.

Qualora voleste ammirarlo dal vivo, One: Number 31 è esposto al MoMA (Museum of Modern Art) di New York.

Cultura
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sabato 27 Luglio 2024