Assembly Hall: il tripudio della forma sulla sostanza
A cavallo tra marzo e aprile 2025 il Teatro Comunale di Bolzano e il Teatro Sociale di Trento hanno ospitato la prima nazionale del nuovo spettacolo della compagnia canadese Kidd Pivot, famosa a livello mondiale per la capacità di mescolare danza e recitazione, trattando tematiche complesse e impegnative con ironia, modernità e grande presenza scenica.
“Il filo conduttore di tutto il nostro lavoro ruota attorno al capire che cosa ci muove”, spiega Crystal Pite, coreografa e regista di fama internazionale che con la sua visione originale ha ispirato una generazione di ballerini e si è guadagnata il plauso della critica. Interrogandosi su alcune domande universali, la compagnia esplora infatti temi profondamente connessi all’umanità, come il dolore, la dipendenza, il conflitto, la coscienza e la morte.
Creato da Pite in collaborazione con l’attore e drammaturgo Jonathon Young – con il quale negli anni scorsi aveva già portato sulla scena le pluripremiate opere Betroffenheit e Revisor -, Assembly Hall non fa eccezione, candidandosi agli Olivier Awards 2025 nella categoria Best New Dance Production.
Un’associazione che organizza rievocazioni medievali in costume si riunisce nella sala del centro comunale per l’assemblea annuale dei soci, nella quale il direttivo dovrà deliberare lo svolgimento della cosiddetta “Quest Fest” oppure lo scioglimento definitivo dell’associazione a causa del numero sempre più esiguo di iscritti e dei conseguenti problemi economici sempre più pressanti. Fa così il suo ingresso l’ensemble di otto straordinari interpreti, che con il movimento dei loro corpi accompagnano, sottolineano e recitano danzando le voci registrate di altrettanti attori.
Man mano che la discussione procede e gli animi si accendono, il confine tra realtà e rievocazione storica si fa sempre più labile, trasportando lo spettatore in un mondo di cavalieri, dame disperate, battaglie sanguinarie e banchetti regali, dove i ballerini hanno la possibilità di dimostrare tutto il proprio talento, coadiuvati dagli azzeccatissimi costumi di Nancy Briant, oltre che dalla notevole coreografia. A rendere ancor più visivamente potente lo spettacolo ci pensano poi la scenografia di Jay Gower Taylor e le luci di Tom Visser, che riescono a trasmettere tanto la fatiscenza della sala/palestra in cui si riunisce l’associazione, quanto la ricchezza magniloquente dell’ambientazione medievale che prende vita in un palco sul palco in un gioco squisitamente metateatrale.
Nonostante la volontà di riflessione su temi profondi e attuali come l’individualismo contrapposto alla collettività e il conflitto alla diplomazia, che si traduce alla fine nel sacrificio del singolo a favore del gruppo, il testo curato da Young risulta essere l’elemento più debole dell’intera opera, perdendosi in alcuni punti a favore di un certo manierismo che, anziché catturare lo spettatore, lo destabilizza. Alla fine si esce dalla sala estasiati dalle immagini vivide al punto da essere quasi cinematografiche, ma con molti dubbi nella testa e non di quelli che ispirano il tipo di riflessioni alle quali uno spettacolo come questo dovrebbe aspirare.
Foto © Michael Slobodian
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mercoledì 2 Luglio 2025