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Aboliamo il latino?

Circolare n. 186 dell’istituto superiore nel quale insegno. Cito testualmente: “Gli studenti del triennio possono consegnare, brevi manu, in segreteria all’Ass. Amm. Tizio Caio la documentazione di eventuali crediti formativi”.

Brevi manu. Io – che insegno anche latino nel detto istituto – non ho avuto la prontezza mentale di ricordare il significato di questo ablativo di modo, che la dirigente ha inserito – quasi come un tradimento – in mezzo a una frase all’apparenza così innocente. Ho dovuto cercarlo su Internet.

Brevi manu significa “personalmente”: la documentazione di cui sopra deve essere portata in segreteria personalmente dagli studenti e dalle studentesse. Senza terze persone coinvolte, insomma: dal produttore al consumatore. Il che mi sembra anche una metafora adatta a una scuola sempre più aziendalizzata. Ma questo non ci riguarda, almeno per adesso.

La circolare n. 186 è rivolta agli studenti e alle studentesse del triennio di tutto l’istituto, il quale comprende diverse classi di liceo ma anche di istituto tecnico. Io – che insegno latino e che non ho saputo prontamente il significato di brevi manu – mi sono messo nei panni di uno studente del liceo delle scienze applicate o dell’ITIS, che latino non l’ha mai fatto. Studente il quale, per carità, può fare come ho fatto io: google, tre secondi e sai che significa brevi manu. Ma perché metterlo in difficoltà, e mettere tutti gli studenti in difficoltà, anche quelli che latino magari l’hanno fatto al biennio o lo stanno ancora facendo al triennio, quando sarebbe bastato usare il limpido e correttissimo “personalmente”?

La risposta è semplice: per dare a quello che si sta scrivendo (e a se stessi) un’aria di maggiore formalità, un tono superiore. Il latino, così come un certo italiano anti-italiano arcaico e contorto, è la nostra corazza, la spada da brandire quando ci sentiamo deboli e indifesi. Perché dire che gli studenti del triennio devono portare personalmente la documentazione in segreteria ci fa sentire deboli, no? Suona fiacco, poco ufficiale, quasi intimo. Mentre certi canali di comunicazione hanno bisogno di un piglio fermo e deciso, giusto? Ed ecco dove il latino ci viene in soccorso. Alla faccia di chi dice che le lingue morte non servono a niente.

Quando si inframmezza il latino o qualsiasi altra lingua viva o morta, il rischio è di passare per snob. La qual cosa è certamente meno grave che costringere qualcuno a gugolare il significato di un termine. Ma è di sicuro altrettanto odiosa. Perché ci vuole un attimo perché quella spada (il latino) che brandiamo a mo’ di difesa diventi uno strumento di offesa, un’arma classista per marcare un’apparente differenza culturale tra chi ha fatto la scuola giusta – cioè quella che ti insegna il significato di brevi manu – e chi invece non l’ha fatta, cioè in fondo tra chi ha avuto i mezzi per permettersi di frequentare la scuola giusta e chi invece no.

È una battaglia persa in partenza, una battaglia che non si dovrebbe nemmeno arrivare a combattere. Quindi, aboliamo il latino? No, certo: è una provocazione. Ma bisogna comunque riflettere sull’uso che facciamo della nostra lingua e sulle conseguenze che questo si porta dietro.

Cultura
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