Chiudi

Un'esperienza su misura

Questo sito utilizza cookie tecnici e, previa acquisizione del consenso, cookie analitici e di profilazione, di prima e di terza parte. La chiusura del banner comporta il permanere delle impostazioni e la continuazione della navigazione in assenza di cookie diversi da quelli tecnici. Il tuo consenso all’uso dei cookie diversi da quelli tecnici è opzionale e revocabile in ogni momento tramite la configurazione delle preferenze cookie. Per avere più informazioni su ciascun tipo di cookie che usiamo, puoi leggere la nostra Cookie Policy.

Cookie utilizzati

Segue l’elenco dei cookie utilizzati dal nostro sito web.

Cookie tecnici necessari

I cookie tecnici necessari non possono essere disattivati in quanto senza questi il sito web non sarebbe in grado di funzionare correttamente. Li usiamo per fornirti i nostri servizi e contribuiscono ad abilitare funzionalità di base quali, ad esempio, la navigazione sulle pagine, la lingua preferita o l’accesso alle aree protette del sito. Comprendono inoltre alcuni cookie analitici che servono a capire come gli utenti interagiscono con il sito raccogliendo informazioni statistiche in forma anonima.

Prima parte6

cm_cookie_cookie-wp

PHPSESSID

wordpress_test_cookie

wordpress_logged_in_

wordpress_sec_

wp-wpml_current_language

YouTube1

CONSENT

Scopri di più su questo fornitore

Google3

_gat_

_gid

_ga

Scopri di più su questo fornitore

71° Trento Film Festival – Pasang: in the shadow of Everest

Come è prassi in questa 71esima edizione del Trento Film Festival, la proiezione si è aperta con un cortometraggio, sempre in concorso, Mountain Man, diretto da Arun Bhattarai, che segue l’unico glaciologo del Bhutan, Phuntsho Tshering, durante i mesi trascorsi sull’Himalaya a misurare il ritiro dei ghiacciai. Lontano dalla famiglia, gira brevi video con il cellulare da condividere con la figlia in modo da far sentire entrambi meno soli.

A seguire il lungometraggio Pasang: in the shadow of Everest, regia di Nancy Svedsen e già riconosciuto con il Premio Mario Bello, racconta molto più di una semplice impresa alpinistica: è la storia della scalata verso l’emancipazione e la parità di diritti di una persona considerata doppiamente inferiore, prima in quanto donna e poi in quanto appartenente ad una minoranza etnica.

Pasang Lhamu è infatti una Sherpa, nata nel 1961 in un piccolo villaggio nepalese. Il suo destino sembra già segnato: non può andare a scuola come i suoi numerosi fratelli maschi, deve aiutare la madre in casa e, quando arriverà il momento, dovrà sposare l’uomo che i suoi genitori avranno scelto per lei come da tradizione buddista. Ma dentro di lei ribolle un fuoco che non può essere domato da nessuna imposizione.

Nel 1979 conosce Lhakpa Sonam Sherpa, se ne innamora e lo sposa senza l’intermediazione della famiglia. Si trasferiscono nella capitale Kathmandu – dove gli Sherpa sono guardati con disprezzo – e fondano un’impresa di trekking – prima fonte di guadagno per il loro popolo -.

È in questo periodo che entrano in contatto con alcuni scalatori francesi, che li porteranno a visitare il proprio Paese. Per Pasang è un’occasione senza precedenti. Impara ad arrampicare, sale sulla cima del Monte Bianco e in lei si fa strada un’idea: diventare la prima donna nepalese a scalare l’Everest. Effettuerà così quattro tentativi, uno all’anno dal 1990 al 1993.

Durante il primo, guidato da un alpinista francese, le viene impedito di raggiungere la cima perché “non è la tua spedizione”. Nel 1991 riesce a conquistare la Cima Sud, quando una bufera la costringe prima a bivaccare lì per tutta la notte e poi a ridiscendere. Anche il terzo tentativo viene abortito a causa del mal tempo. Nel 1993 viene istituita una spedizione congiunta Nepal-India e lei capisce di avere una nuova occasione: si fa nominare capo-spedizione per la delegazione nepalese a guida di altre tre donne, più gli Sherpa. Questa volta conquista la tanto agognata cima ma a costo della sua stessa vita: sulla via del ritorno rimane infatti bloccata sulla Cima Sud a causa di una tempesta che durerà una settimana. Insieme a lei morirà Sonam Tshering, uno dei più famosi Sherpa al mondo.

Il documentario, diretto con maestria e rispetto, si apre e si chiude con le immagini del funerale pubblico della protagonista, che ha visto un’altissima partecipazione, più dei funerali di stato del re. Alla fine il destino può aver avuto la meglio su questa donna incredibile, ma la sua scalata verso l’emancipazione resterà per sempre fondamentale per tutte le donne che la seguiranno. Come direbbe lei: “Quando si è una squadra, non importa se si è maschi o femmine”.

Cultura
Lascia un commento

I commenti sono moderati. Vi chiediamo cortesemente di non postare link pubblicitari e di non fare alcun tipo di spam.

Invia commento

Twitter:

martedì 23 Aprile 2024