TFF2025: Placekeeper e A call from the wild – missione cura dell’ambiente
Il Trento Film Festival descrive la sezione Terre Alte come quella con il taglio più antropologico e naturalistico. Il cortometraggio Placekeepers di Robert Hope – regista e produttore che si divide tra la Georgia e San Francisco – e il lungometraggio Skal hilse fra naturen (A call from the wild) del fotografo norvegese Asgeir Helgestad – ingegnere per formazione che ha scelto però una vita immersa nella natura – ne incarnano perfettamente lo spirito.
Il primo narra le vicende e le difficoltà degli abitanti della regione del Tusheti, nel Caucaso georgiano, che per sette mesi l’anno, da ottobre a giugno, restano completamente isolati a causa delle forti nevicate che rendono impraticabile l’unica strada di accesso disponibile. La maggior parte delle famiglie e dei giovani si trasferisce a valle durante l’inverno, lasciando che solo pochi, per lo più anziani, rimangano a guardia dei luoghi e dell’unica centrale elettrica della zona, costruita dai russi e che ha smesso di funzionare dopo un solo anno dall’installazione.
Le vicissitudini, la durezza della vita e l’incertezza sul futuro della propria comunità sono affidate alle voci dei pochi coraggiosi che restano anno dopo anno e che si interfacciano con un artista giunto in elicottero. L’obiettivo immortala così lo stretto rapporto tra queste persone e la loro terra, in giornate scandite dal lavoro manuale e dall’allevamento del bestiame, in un ritorno alle origini più pure del rapporto con la natura. Le loro speranze, i sogni e gli auspici per il futuro della loro terra ben riassunti nella frase: “Vorrei vedere in ogni casa un camino acceso”.
Del rapporto uomo-natura, di rispetto e senso di responsabilità tratta anche il documentario di Helgestad, che si concentra sulla bellezza di paesaggi a prima vista incontaminati, in cui la flora e la fauna norvegesi vivono e sembrano prosperare in equilibrio perfetto, regalando allo spettatore immagini mozzafiato. Ma non tutto è come appare, l’ambiente straordinario che il fotografo cattura con la sua macchina è fragile e sotto costante attacco da parte dell’animale più pericoloso che esista: l’essere umano.
In un continuo gioco di contrasti e contrapposizioni Skal hilse fra naturen ci porta tra gli orsi polari dell’Artico e gli effetti del surriscaldamento globale sul loro habitat; tra le renne e i buoi muschiati e la crescente urbanizzazione che ne fagocita il territorio; tra l’accoppiamento dei galli cedroni e il disboscamento delle loro case; tra le pulcinelle di mare e tutta l’aviofauna marittima e la plastica che si deposita sulle scogliere dove depongono le uova; tra gli abissi abitati da pesci piccolissimi e da grandi giganti del mare e la pesca delle alghe che ne distrugge i fondali; tra gli insetti al risvegliarsi della primavera e l’utilizzo di pesticidi che trasformano i campi in cimiteri. E ancora dai fiordi scavati dalle acque alle fabbriche di alluminio e alle centrali idroelettriche che li asciugano; fino alle pendici dei monti imboscati d’alberi e di pale eoliche.
Alternate a quelle dei viaggi ci sono poi le immagini della fattoria di Helgestad, dove coltiva le api e vive in armonia con la natura che lo circonda: un’oasi di pace dalla quale sembra dirci che un cambiamento è possibile ma solo se lo vorremo davvero.
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martedì 24 Giugno 2025