TFF2025: La gestione della luce naturale nella scrittura cinematografica
Il Trento Film Festival allarga i propri orizzonti coinvolgendo il centro culturale HarpoLab che ha messo a disposizione i propri spazi per una masterclass con protagonista il tema della luce naturale, fondamentale nella filmografia di montagna, spiegato da Gherardo Gossi, direttore – ma lui preferisce autore – della fotografia in pellicole come Il partigiano Johnny di Guido Chiesa e Diaz di Daniele Vicari, solo per citarne un paio.
Nato fotografo, si forma nel cinema di carattere documentario, industriale e pubblicitario, apprendendo da autodidatta attraverso l’osservazione e l’esperienza diretta, pertanto sottolinea subito l’importanza del lavoro di squadra: “Senza un team tecnico affiatato il regista non potrebbe realizzare bei film. Il suo compito è quello di gestire il gruppo di lavoro in cui fotografia, scenografia e costumi devono essere integrati fin dalla prima fase di preparazione del prodotto. La scelta dei luoghi e del posizionamento dei punti di ripresa devono infatti tener conto non solo delle esigenze registiche ma anche del movimento del sole in modo che la luce risulti funzionale al racconto”.
Per illustrare meglio le proprie affermazioni, proietta due spezzoni tratti da pellicole alle quali ha lavorato: Lezione 21 di Alessandro Baricco, girato nel 2007 nel paesaggio innevato di San Martino di Castrozza, e Arsa del duo artistico Masbedo, realizzato nel 2023 sull’isola di Stromboli ed ancora inedito. “Nel primo tutto è stato accuratamente progettato, mentre nel secondo c’è stato maggiore spazio per l’improvvisazione. Tuttavia la rappresentazione della luce e, di conseguenza, della temperatura colore sia sulla neve che sul mare richiedono una programmazione attenta e quotidiana per via del tempo variabile”.
Anche il materiale di supporto influisce sulla cattura della luce: pellicola e digitale si comportano infatti in modo differente. Lì dove la prima necessita di una sovrabbondanza di fonti luminose, il secondo ha ormai raggiunto una tale capacità tecnologica, da imporre un lavoro di sottrazione. “Il buio al cinema non esiste: lo si rappresenta con scelte tecnico-artistiche precise. Si può, ad esempio, utilizzare la luna come pretesto narrativo per restituire un’emozione legata al racconto di un luogo illuminato di luce naturale. La stessa scelta dei colori deve essere funzionale alla storia: in Arsa abbiamo due ambienti, uno reale reso con tonalità accese e vivide, e uno della memoria, ovattato e decolorato”.
Di fondamentale importanza è infine l’inquadratura, che dalla metà del 1800 assume un formato prevalentemente rettangolare, per documentare la realtà e non più in sola funzione di un messaggio religioso. “La modalità utilizzata dipende dalla forma del racconto: si sceglie il punto di vista, come ritrarre l’ambiente e come utilizzare la macchina da presa, in modo da escludere alcuni aspetti e da sottolinearne altri. Tutte le scelte che si fanno a priori vanno poi ad influenzare anche la postproduzione e il montaggio che deve uniformare il tutto, finalizzando il prodotto”. Gossi conclude poi anticipando il suo prossimo impegno: un film sull’alpinista Walter Bonatti.
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giovedì 15 Maggio 2025