TFF2025: K2 – Der grosse Streit – l’importanza del racconto secondo Reinhold Messner

“Per me l’alpinismo tradizionale è la somma tra il fare e il raccontare: il racconto è importante tanto quanto l’ascesa ed è per questo che l’alpinista deve occuparsi di entrambi. L’epitoma di quest’unione è stato Walter Bonatti, capace sia di praticare l’alpinismo ai massimi livelli che di scrivere trasmettendo le proprie emozioni. Ho realizzato questo film come monito a tutti gli scalatori, affinché non lascino la narrazione delle proprie esperienze nelle mani di chi non può sapere cosa significhi sopravvivere a 8000 m d’altezza”, così Reinhold Messner introduce la propria opera, presentata in anteprima al Trento Film Festival 2025.

Nel 1954 una spedizione italiana, patrocinata dal CAI, conquista per la prima volta la vetta del K2. Tra gli alpinisti che composero la squadra capitanata dal geologo Ardito Desio il più giovane era l’allora 24enne Bonatti, che di lì a pochi anni sarebbe diventato il più grande alpinista italiano. Nella propria pellicola Messner utilizza il materiale d’archivio, girato per documentare l’ascesa fino alla quota 7700 m, completandolo con immagini di spedizioni in anni più recenti in un gioco che definisce di “documentario fiction-non fiction, perché a me interessa solo raccontare la verità e, per farlo, il cinema mi fornisce dei trucchi creativi per arrivare anche lì dove le fonti originali scarseggiano”.

La salita si compose di nove tappe, ognuna delle quali raggiunta da un gruppo sempre più ristretto. Il 29 luglio 1954 Bonatti, Compagnoni, Gallotti e Lacedelli giunsero all’ottavo campo ma furono costretti a lasciare le bombole di ossigeno al settimo. All’epoca si riteneva che superare gli 8000 m senza ossigeno fosse impossibile, per questo Bonatti si offrì volontario per recuperare le bombole e per portarle a Compagnoni e Lacedelli, che nel frattempo avrebbero raggiunto il campo nove, facendo così due tappe in un giorno solo. Aiutato dallo hunza Mahdi, riuscì nell’impresa sovrumana di trasportare le bombole quasi fino alla meta, ma entrambi furono costretti a passare la notte tra il 30 e il 31 luglio ad 8000 m senza tenda né sacco a pelo. La mattina seguente ridiscesero, mentre Compagnoni e Lacedelli conquistarono la cima.

Nel 1964, a distanza di dieci anni, un giornalista insinuò che Bonatti avesse desiderato la fama solo per sé e che per questo avesse consumato parte dell’ossigeno destinato ai suoi compagni. Dopo una serie di accuse e tentativi di scredito anche da parte degli stessi membri di cordata, il nome dell’alpinista bergamasco venne ufficialmente riabilitato solo nel 2008, ottenendo finalmente giustizia.

Messner conclude: “Raccontare la montagna, soprattutto dopo un’esperienza estrema, è una necessità interiore: non per il successo ma per le emozioni che si vogliono condividere con i propri cari. Non mi interessano il dibattito, la morale ma la narrazione. Nel 1954 senza Bonatti è indubbio che il K2 non sarebbe stato conquistato. La sua diffamazione è stato il white out (neve e nebbia per cui tutto diventa bianco e si perdono i punti di riferimento) del racconto: non so neanche chi fosse quel giornalista ma si era decisamente perso. Con questo film non volevo né filosofeggiare né polemizzare ma solo chiarire due o tre punti ancora aperti, dove potevo portare la mia esperienza”.

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giovedì 15 Maggio 2025