TFF2025: Cinema d’animazione, che avventura!
Nell’ambito della sezione T4Future l’associazione culturale HarpoLab ha organizzato un incontro per ripercorrere la storia e le tecniche del cinema d’animazione indirizzato ai piccoli frequentatori del Trento Film Festival. Per celebrare la connessione con la montagna l’evento non poteva che aprirsi con la proiezione della sigla giapponese di Heidi, serie anime ambientata sulle Alpi svizzere.
Come tutte le creazioni artistiche che si rispettino, era imprescindibile partire da un’analisi del territorio da rappresentare, pertanto il character designer Y. Kotabe – creatore di Super Mario e disegnatore dei Pokemon -, il regista I. Takahata – autore de La tomba delle lucciole e cofondatore dello Studio Ghibli – e l’allora disegnatore H. Miyazaki organizzarono un viaggio in Europa. Proprio quest’ultimo attingerà a quell’archivio di paesaggi per la realizzazione degli sfondi di quasi tutti i lungometraggi successivi che gli valsero la fama mondiale.
L’animazione permette di proiettare la fantasia nella realtà, creando un mondo che risponde unicamente alle proprie logiche. Ma come si produce il movimento in un disegno? Era il 1914 quando, per scommessa, nacque Gertie il dinosauro di W. McCay, uno dei primissimi corti animati. Il principio utilizzato fu quello del flipbook: tanti fogli sovrapposti l’uno all’altro, ognuno con un disegno leggermente diverso dal precedente, che fatti scorrere velocemente riproducono l’impressione di movimento.
È un processo molto lungo e dispendioso, basti pensare che lo stesso Miyazaki occupò un suo disegnatore per 13 mesi nella creazione di una sequenza di soli 4 secondi in Si alza il vento. Il primo a velocizzare il processo fu W. Disney, dividendo gli sfondi dai personaggi: questi vengono disegnati su un supporto trasparente in modo da poterli sovrapporre al paesaggio mentre scorre. Ciò permise la realizzazione del primo film d’animazione sonoro, Steamboat Willie del 1928. Solo 9 anni dopo, impiegando la stessa tecnica con l’aggiunta dell’utilizzo di una camera multipiano che conferisse maggiore profondità allo sfondo, nacque Biancaneve e i sette nani, il primo classico Disney.
Negli anni ’60 il procedimento subì un’ulteriore accelerazione con la serie L’uomo ragno, attraverso due trucchi: il riciclo degli sfondi e quello del movimento dei personaggi. Esistono poi altre tecniche oltre al disegno: cut off e stop motion. Nel primo si utilizzano personaggi ritagliati nella carta, disposti in pose sempre diverse, fotografate di volta in volta e poi fatte scorrere velocemente. L’effetto è quello bidimensionale riscontrabile in South Park. Il secondo si basa sullo stesso principio ma i personaggi sono modellati in vari materiali assumendo così tridimensionalità, come in Wallace e Gromit.
Nel 1995 Disney segna un nuovo passo nella storia dell’animazione realizzando Toy Story completamente al computer: inizia così l’era del digitale, che ha portato fino al live action. Nonostante questo chiunque può produrre un film comodamente da casa propria, come dimostrato da Scenes with beans dell’ungherese O. Foky, interamente girato utilizzando fagioli per personaggi.
L’incontro si conclude sottolineando l’importanza della musica e dei suoni, soprattutto del flauto a coulisse, nella resa delle gag più divertenti (si pensi a La pantera rosa), coinvolgendo i bambini nell’accompagnamento di una sequenza animata. Indipendentemente dalla tecnica impiegata, adesso come in passato l’animazione resta un’arte espressione di creatività, passione, pazienza e dedizione.
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martedì 24 Giugno 2025