TFF2025: Big water theory – la scienza del kayak
“La sezione Alp&Ism ha il compito di ospitare il cinema che parla di alta montagna. Big water theory è ambientato tra le imponenti cime del Karakorum, ma punta la videocamera verso il fondovalle, seguendo tre kayakisti francesi alle prese con la discesa delle impegnative rapide che il fiume Indo forma nella Gola di Rondu in Pakistan”, così lo staff del Trento Film Festival presenta il primo lungometraggio di Emile Dominé, presente in sala con il fratello Jules, che insieme a Nouria Newman – superstar del kayak – e Maël Nguyen è stato tra i protagonisti dell’impresa.
Tra montagne innevate e cascate mozzafiato, il documentario accompagna lo spettatore nella vita dei tre atleti, che si concedono sia fisicamente che emotivamente comunicando non solo l’amore per questo sport ma anche la preparazione tecnica e l’assunzione di responsabilità necessarie per affrontare una sfida tanto estrema. “A differenza di mio fratello, io non condivido la passione per il kayak che i nostri genitori hanno cercato di trasmetterci. L’idea del film è partita proprio dal cercare di comprendere cosa spinga le persone ad affrontare simili peripezie, perché non capisco come si possa trovare piacere in una simile attività”, spiega il regista, suscitando l’ilarità del pubblico.
Il progetto nasce fin da subito sia come sfida sportiva che come creazione cinematografica, prodotta in proprio dai due fratelli, con l’intento di avvicinare l’opinione pubblica a questo sport, trattando anche il tema dei corsi d’acqua: “Per me questo film è un’ode al fiume più che un film sul kayak”, precisa Jules.
La presenza di molteplici punti macchina – GoPro, droni a pelo dell’acqua, due videocamere – ha permesso una narrazione composta da diversi punti di vista, pur lavorando con una troupe ridotta, alla quale hanno collaborato anche le guide locali. Il risultato restituisce tutta la maestosità e la pericolosità di questo tratto di Indo, che i protagonisti hanno di volta in volta valutato attentamente. “Per fare kayak non basta buttarsi nel fiume, ma bisogna analizzarlo e interpretarne le correnti, le linee direttrici per provare poi a discenderlo nella maniera più armoniosa in modo da minimizzare i rischi. C’è quindi una parte teorica che precede quella pratica: da qui l’idea di Emile per il titolo”, prosegue l’atleta.
Il Karakorum è un’area molto poco densamente popolata, limitando quindi le possibilità di interazione con la popolazione locale. Per accedervi è poi obbligatorio affidarsi a delle agenzie, procurarsi dei permessi e affrontare i controlli ai molteplici checkpoint. Tutto questo viene trattato marginalmente nel film, come spiegano i due fratelli: “Ci interessava mantenere il focus sul fiume e l’attività che svolgevamo su di esso. Ci siamo accorti, però, che c’è una netta separazione di generi che porta ad avere principalmente relazioni uomo-uomo e donna-donna. Nonostante la differenza culturale il rapporto con le nostre guide è stato molto caloroso. Nel loro sguardo riconoscevamo un misto di ammirazione e di incomprensione su ciò che ci spingeva a concludere un’esperienza tanto estrema”.
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giovedì 15 Maggio 2025