Quegli scatoloni colmi di speranze
Sono entrata in un supermercato stringendo fra le mani una lunga lista, che mi suggeriva cosa fosse necessario o imprescindibile acquistare. Ho deciso di comprare un po’ di tutto, in modo tale da poter garantire una discreta varietà di prodotti.
Partendo dal reparto dei legumi sono arrivata a quello della pasta, proseguendo verso la zona dove gli scaffali erano colmi di prodotti per la cura della persona. Ho messo nel mio carrello cibo in scatola, croccantini per gatti e cani, dentifricio e spazzolini, ma anche pannolini, assorbenti, garze e cerotti, perché non sono solo i generi alimentari a scarseggiare in tempi di guerra.
Ho aggiunto qualche rotolo di scotch per pacchi ed ho messo tutto all’interno di due scatoloni, accuratamente riposti nel bagagliaio della macchina. La mia destinazione? La Foresta (Accademia di Comunità) di Rovereto, dove qualche giorno fa è stata organizzata un’altra raccolta di viveri e prodotti di prima necessità destinati al popolo ucraino.
La guerra, quella terribile cosa che prevede l’ammazzarsi a vicenda senza pietà (e senza motivo), sta avvenendo a pochi chilometri dall’Italia. Eppure, quella in Ucraina, è “solo” uno dei tanti conflitti, che in generale nel mondo non hanno mai smesso d’esserci. La mia fortuna è stata quella d’essere nata nella parte “giusta” del pianeta, potendomi così arrogare il diritto di dimenticare (ad esempio) che in Afghanistan la guerra c’è da vent’anni. E se, per sbaglio, si prova a cercare in internet quali e quanti sono i conflitti oggi nel mondo, la lista che ne risulta è talmente lunga da far venire voglia di tornare a scordare. La verità è che spesso, se non si viene toccati davvero da vicino, è difficile pensare a quanto terribile possa essere l’esistenza in luoghi dove il rumore delle bombe fa da sfondo ad un panorama di pericolanti macerie. La guerra in Ucraina, però, mi ha fatto finalmente aprire gli occhi.
«Se domani dovessi scappare, cosa farei, cosa porterei con me, ma, soprattutto: dove andrei?», mi sono chiesta. Ho però prontamente provveduto ad allontanare questi quesiti dalla mia mente, perché provare a darvi risposta mi spaventava tremendamente. L’unica cosa che sono stata in grado di fare è stato prendere quegli scatoloni che non sono niente, se non il tentativo di fare qualcosa di minuscolo in un mondo che avrebbe bisogno di enormi gesti, portandoli nel punto di raccolta La Foresta.
Quando sono arrivata c’era molto caos: una confusione fatta di gente con le maniche rimboccate fino alla fronte, bagnata del sudore di chi non ha intenzione di fermarsi. Ho lasciato tutto ad una giovane ragazza che guardandomi dritta negli occhi mi ha ringraziata. Quel suo sguardo è stato per me un vero e proprio colpo al cuore: nei suoi occhi blu ho letto preoccupazione, paura ma anche profonda gratitudine e speranza. Quegli stessi sentimenti che avevo riposto anch’io, poco prima, nelle scatole che le stavo consegnando. È stato così che mi sono resa conto del fatto che la guerra ha due facce e che ancora una volta, noi, abbiamo la possibilità di stare dalla parte “privilegiata”, potendo provare ad aiutare chi sta dall’altra: donando qualcosa di materiale (per chi ne ha la possibilità) ma anche solamente un pensiero o una preghiera, compiendo quelli che restanoi più gratificanti ed umani gesti.
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venerdì 7 Febbraio 2025