Martina e il suo servizio civile in Madagascar ad Ambalakilonga

Martina è una ragazza di ventotto anni, con una luce e un entusiasmo particolare negli occhi. È cresciuta con racconti e ricordi di terre lontane e ha sempre avuto il desiderio di poterle un giorno visitare. Così, nell’agosto del 2016, alla fine del suo percorso di studi, è partita con l’associazione Educatori Senza Frontiere per il mio primo viaggio in Etiopia e, nel novembre del 2017, per un anno di servizio civile in Madagascar, ad Ambalakilonga.

Come hai avuto la possibilità di vivere quest’esperienza?

«L’esperienza del servizio civile è un’occasione che viene offerta ogni anno ai giovani tra i 18 e i 29 anni. Nel 2020, a causa della pandemia, molti progetti sono stati sospesi ma fortunatamente quest’anno è ripartito tutto. Periodicamente è possibile candidarsi per i progetti, in Italia o nel mondo ed è così che ho avuto l’occasione di partire.»

Ci racconti quello che facevi e come trascorrevano le giornate “tipo” in Madagascar?

Ad Ambalakilonga, che significa “il posto dei ragazzi”, non esiste una giornata tipo: ogni giorno è diverso.​ A me piace descriverla come una grande casa, ma in realtà è molto di più: è una comunità per ragazzi provenienti dalla strada o da situazioni di precarietà, è una scuola materna per 150 bambini. È human, la prima scuola per educatori in tutto il Madagascar. è un piccolo dispensario medico per donne, uomini e bambini che vivono nei villaggi vicini, è casa per molti volontari che ogni anno decidono di vivere un’esperienza speciale.​ Ambalakilonga negli anni è riuscita a creare una grande rete sul territorio, coinvolgendo alcune realtà che operano in contesti educativi, scolastici e religiosi e noi volontari ci siamo messi in gioco facendo nostre le varie attività.»

Un anno in Africa può essere lunghissimo…

«Quando sono partita, avevo scritto: “Mi sento come un grande albero che ha fatto crescere le sue radici in un terreno fertile, sicuro e protetto. Il tronco c’è. Ora è il momento di lasciar crescere i rami, in alto, verso nuovi orizzonti, nuovi colori”. Alla fine dell’esperienza, prima del rientro in Italia, pensavo: “Ora che siamo alla fine posso dire che il mio albero è cresciuto: ci sono nuovi rami, che rappresentano i nuovi incontri, le nuove esperienze, le nuove emozioni; ci sono nuove radici, che sono nuove certezze, nuove conferme, nuovi sogni, nuovi progetti; e poi c’è il tronco, che quest’anno si è lasciato vivere, si è lasciato trasformare, dal vento, dal sole e dalla pioggia e ora porta i segni di questo vissuto”. Nuove venature: alcune profonde, altre superficiali. Ognuna racconta una storia, un pezzo di me, un pezzo della mia avventura. A due anni e mezzo dal mio rientro in Italia mi guardo indietro e posso solo essere immensamente grata per ogni singolo minuto vissuto in quella terra lontana. È vero, è stato un anno lungo ma ricco di emozioni, di esperienze nuove, di imprevisti, e soprattutto di incontri: legami forti che continuano anche ora, nonostante la distanza.»

C’è un ricordo che porti nel cuore?

«Sfogliando il mio diario di viaggio e gli album fotografici rivivo tantissimi ricordi.​ Il ricordo più prezioso che porto sempre con me sono i sorrisi: il mio, quello dei miei compagni di viaggio, quello di tutti i bambini incontrati. Sorrisi spensierati, sinceri, belli. Su una pagina del mio diario leggo: “Questa forse sarà la sfida più grande: riuscire a portare un po’ di quello che ho vissuto in Madagascar in Italia”. È quello che cerco di fare: ritrovare ogni giorno, nelle piccole gioie quotidiane, quel sorriso.»

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venerdì 7 Febbraio 2025