L’occhio su Trento: la montagna in un museo
Tra il verde del prato e l’azzurro del cielo, è il MUSE – Museo delle Scienze, nel nuovo quartiere Le Albere, il soggetto dell’Occhio su Trento in questo appuntamento.
Il MUSE si può definire come “ultima tappa” degli spostamenti del museo di scienze naturali della città di Trento. Istituito nel 1846 presso Palazzo Salvadori in Via Manci, l’inizialmente chiamato Museo Civico – da subito definito Museo Trentino – subisce nel corso degli anni diversi traslochi. Da Palazzo a Prato in Via S. Trinità a Palazzo Thun in Via Belenzani, per un breve periodo al Castello del Buonconsiglio, per poi approdare a inizio ‘900 in Via Verdi, nel palazzo dell’attuale Facoltà di Sociologia. È però solo nel 1964 che viene ufficialmente istituito il Museo Tridentino di Scienze Naturali nella sede di Palazzo Sardagna, in Via Calepina, dove rimane dal 1975 al 2013, anno in cui viene inaugurato il nuovo edificio e nasce il MUSE, che ne sostituisce la funzione e prosegue le attività.
Progettato dall’architetto di fama mondiale Renzo Piano – e inserito nel più ampio progetto di riqualificazione urbana dell’area industriale ex-Michelin – il nuovo museo soddisfa le esigenze dei tempi moderni. Dagli anni ’90, infatti, gli spazi del Museo Tridentino risultano insufficienti per il crescente pubblico, attratto dalle mostre interattive e dall’allargamento dell’offerta didattica.
Il profilo frastagliato dell’architettura del nuovo museo lo inserisce non solo nel quartiere, ma anche nel più ampio panorama naturale, ricordando l’andamento caratteristico delle montagne trentine: le Dolomiti. Il MUSE presenta sei livelli – di cui due interrati e quattro fuori terra – che ospitano esposizioni permanenti e temporanee, oltre ad essere sede di ricercatori nei più diversi ambiti: botanica, limnologia, algologia, zoologia, idrobiologia, biodiversità, geologia e preistoria.
L’interno del museo è caratterizzato dal cosiddetto Big Void, ossia grande vuoto, una sezione aperta che ospita una serie di animali tassidermizzati e lo scheletro di una balenottera spiaggiatasi a Livorno nel 1995. Gli animali non sono posizionati casualmente, bensì seguendo l’altitudine montana. La metafora della montagna è infatti qui utilizzata per offrire un racconto, dal basso verso l’alto, affrontando un tema differente per ogni piano, con al centro il rapporto tra uomo e natura, dal passato al futuro.
Al piano interrato si comincia approfondendo la storia della vita, dalle sue origini, per poi ammirare alcuni suggestivi acquari e, soprattutto, fare un viaggio in una foresta tropicale grazie alla serra che ne riproduce l’habitat. Al piano terra è possibile cimentarsi in alcuni esperimenti interattivi, per comprendere la scienza divertendosi. Il primo piano è un viaggio nel tempo, dai primi uomini sulle Alpi, al futuro globale. Il secondo è dedicato alla geologia, al sottosuolo e all’attuale tema dei rischi ambientali. Al terzo piano ci si immerge nella biodiversità alpina, ripercorrendo l’alternarsi delle stagioni e incontrando gli animali del bosco. Al quarto piano, invece, si approda sulle alte vette, avendo la possibilità di toccare con mano (letteralmente) un ghiacciaio, una cui porzione è riprodotta realmente. Infine, al quinto piano, una terrazza panoramica permette di far spaziare lo sguardo sulle montagne circostanti Trento.
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martedì 21 Gennaio 2025