L’amore ai tempi dell’Ai

Joaquin Phoenix in Her (2013) ci aveva già avvertiti. Il suo amore evanescente per un sistema operativo sembrava solo una fantasia distopica, troppo assurda per preoccuparcene davvero. Eppure, quasi dieci anni dopo, eccoci qui: a stringere legami affettivi con chatbot dalla voce dolce e dalle risposte ad hoc.

L’illusione quindi è diventata realtà, con milioni di persone che ad oggi intrattengono relazioni sentimentali – e a pagamento – con i chatbot. Si tratta di un fenomeno che cresce a dismisura, soprattutto tra i giovani che si reputano sempre più soli e incapaci di creare legami veri e duraturi.

Secondo una ricerca della University of Law (2023)[1], il 36% degli under 35 preferisce confidarsi con un’AI piuttosto che con un amico. Tra i 25 e i 34 anni, la percentuale sale al 70%. Più nel particolare, la Stanford University ha studiato il fenomeno di Replika[2], uno dei chatbot più noti, nel quale il 50% degli utenti considera il bot un “vero amico” e, in alcuni casi, qualcosa di più. Non è un caso, infatti, che siano sempre più diffusi i “romantic coach” virtuali: da Sakura.ai (il preferito di 66 milioni di utenti) a Heraheaven.ai e Candy.ai.

Tutti disponibili a offrire dialoghi teneri, conforto emotivo e interazioni personalizzate e alcuni persino la creazione di partner ideali con tratti estetici scelti dall’utente, a volte ispirati a volti reali, sfiorando rischi etici e psicologici. Insomma, un vero e proprio amore rinnovabile con abbonamenti base e premium (dai 19 ai 39 euro) che includono conversazioni intime, messaggi d’amore e simulazioni affettive avanzate. L’illusione è forte, ma la relazione è unilaterale.

Sherry Turkle, psicologa e docente del MIT, parla infatti di “intimità artificiale”: un rapporto senza fatica, senza conflitto, ma anche senza crescita. Negli USA, uno studio[3] effettuato su 3.000 giovani adulti (18–30 anni) ha evidenziato che un giovane su cinque (circa il 19%) ha chattato con un’AI romantica e il 10% ha avuto relazioni sessuali virtuali. Altri dati[4] mostrano che, allo stesso modo, il 60% degli utenti paganti su Replika vive relazioni sentimentali o erotiche con il proprio chatbot. Non sorprende allora sapere che alcuni di loro arrivino a fidanzarsi o persino a “sposarsi” virtualmente, come nel caso della newyorkese Rosanna Ramos. Aldilà degli estremismi, è giusto invitare a una riflessione.

Ad oggi è impossibile negare i benefici e vantaggi dell’AI: aiuta a ridurre ansia e solitudine, rafforza l’autostima e offre un supporto psicologico costante e gratuito. Ma qui si annida il paradosso. Le Ai dicono ciò che vogliamo sentirci dire alimentando inevitabilmente una bolla emotiva, una “camera dell’eco” confortevole ma rischiosa, capace di far sviluppare nei suoi assidui frequentatori una forte dipendenza effettiva basata sul bisogno di conferme immediate e senza attrito, finendo per disintegrare le vere relazioni sociali e alimentare un loop infinito di solitudine. Perché allora non lasciamo da parte hard disk e software complicati e iniziamo ad amarci con tutte le nostre imperfezioni?

[1] Fonte disponibile sul sito: https://www.law.ac.uk/about/press-releases/millennials-share-problems-with-ai/

[2] Loneliness and suicide mitigation for students using GPT3- enabled chatbot (2024) – Bethanie Maples, Merve Cerit, Aditya Vishwanath, Roy Pea

[3] Lo studio è stato condotto nel 2025 dall’istituto Wheatley Institute della Brigham Young University, un think tank cristiano con lo scopo di rafforzare i valori morali di chiesa e famiglia. Sito web della fonte: https://en.wikipedia.org/wiki/Artificial_human_companion?utm_source=chatgpt.com

[4] https://en.wikipedia.org/wiki/Replika?utm_source=chatgpt.com

Approfondimenti
Lascia un commento

I commenti sono moderati. Vi chiediamo cortesemente di non postare link pubblicitari e di non fare alcun tipo di spam.

Invia commento

Twitter:

venerdì 11 Luglio 2025