Chiudi

Un'esperienza su misura

Questo sito utilizza cookie tecnici e, previa acquisizione del consenso, cookie analitici e di profilazione, di prima e di terza parte. La chiusura del banner comporta il permanere delle impostazioni e la continuazione della navigazione in assenza di cookie diversi da quelli tecnici. Il tuo consenso all’uso dei cookie diversi da quelli tecnici è opzionale e revocabile in ogni momento tramite la configurazione delle preferenze cookie. Per avere più informazioni su ciascun tipo di cookie che usiamo, puoi leggere la nostra Cookie Policy.

Cookie utilizzati

Segue l’elenco dei cookie utilizzati dal nostro sito web.

Cookie tecnici necessari

I cookie tecnici necessari non possono essere disattivati in quanto senza questi il sito web non sarebbe in grado di funzionare correttamente. Li usiamo per fornirti i nostri servizi e contribuiscono ad abilitare funzionalità di base quali, ad esempio, la navigazione sulle pagine, la lingua preferita o l’accesso alle aree protette del sito. Comprendono inoltre alcuni cookie analitici che servono a capire come gli utenti interagiscono con il sito raccogliendo informazioni statistiche in forma anonima.

Prima parte6

cm_cookie_cookie-wp

PHPSESSID

wordpress_test_cookie

wordpress_logged_in_

wordpress_sec_

wp-wpml_current_language

YouTube1

CONSENT

Scopri di più su questo fornitore

Google3

_gat_

_gid

_ga

Scopri di più su questo fornitore

La solitudine strafottente

L’espressione è presa da un’intervista a Paolo Crepet in una delle puntate del podcast “Talking Brave” che è possibile ascoltare su Spotify.

Siamo totalmente iperconnessi, ogni giorno parliamo con centinaia di persone, che sia per lavoro o per piacere. Eppure la solitudine non smette di morderci le gambe e provocarci sempre un certo grado di insoddisfazione, oppure, nei casi più seri, di dolore. Ci si può sentire soli anche in mezzo ad una pista da ballo, nel bel mezzo del proprio compleanno, nel letto con la propria dolce metà. Perché?

Non è una domanda a cui si possa rispondere facilmente o in maniera generica per tutti.

Dalle statistiche sembrerebbe che quasi la metà degli italiani sia single. E, per riprendere l’espressione del titolo dell’articolo, diremmo orgogliosamente single. Bisogna però distinguere (almeno) due solitudini diverse: chi è effettivamente solo e chi si sente solo, nonostante non lo sia. E chi dice poi che stando solo sta bene, lo si esclude in questo momento dalle riflessioni, in quanto è risaputo che nell’appagamento e nel benessere di chi ritiene che la vita sia costantemente bellissima, c’è un immobilismo che spesso non permette di trovare le vere profondità dell’anima, le paure umane, le emozioni inquiete e i sentimenti complessi che nei casi più estremi portano a gesti folli. E normalmente, invece, ci accompagnano, esistono nel quotidiano insieme alle persone, come la solitudine.

Bisogna fare un po’ gli equilibristi della propria esistenza, certo. Camminando un piede dietro l’altro sopra una corda stretta, appesa a centinaia di metri dal suolo, senza nessun cavo di sicurezza, con le emozioni che arrivano senza preavviso, colpiscono, ti sconquassano e passano. C’è davvero chi non deve farlo?

Tornando a noi. È possibile credere che questa solitudine possa bastarci? È possibile soffrire per la nostra condizione e decidere di annientare il dolore conficcandolo ancora più in fondo, abbracciandolo persino, portandolo con orgoglio, come un vessillo? E in questa solitudine strafottente, dove troviamo finalmente il nostro equilibrio, rimanere incastrati? Barattare tutte le emozioni che possono arrivare, dondolandoci lassù, con la garanzia che stare da soli non ci farà certo soffrire più di quanto non sia già accaduto. E fermare ogni movimento. Smettere di credere che andando avanti, per quante tempeste si dovranno affrontare, qualcosa di bello da sentire arriverà. È per questo che molte persone ci affiancano, ma sembrano non esserci veramente? L’amico per il quale sei il migliore, fino a quando non gli chiedi aiuto o non ti mostri fragile, il compagno che non si vuole impegnare. Zero pesi, zero legami, siamo nella condizione in cui pensiamo che questa solitudine possa bastarci. E la difendiamo. Non ci sbilanciamo per nessuno. Pensando di avere già tutto e facendoci bastare ogni giorno quello che ognuno, da solo, ha.

Ma se poi ci si accorge, un giorno, di non avere niente? Se un giorno ti accorgi che sono dieci anni che aspetti il momento giusto per andare a convivere e ancora non lo hai fatto?

A volte la solitudine strafottente è il peggior nemico di noi stessi, perché non riesce a farci capire se da soli stiamo davvero bene, oppure se è solo una maschera che indossiamo ogni giorno per rimanere immobili, per non rischiare di cadere vivendo, per evitare il vento, la tempesta, il mare mosso, il sole, la siccità, la pioggia curatrice, per non sentire niente, a parte il dolore. Perché se un dolore continua a farsi sentire, prima o poi diventa normale. Ci si abitua. E cambiare le proprie abitudini è il vero ostacolo che separa la solitudine strafottente dal sentire cosa si desidera davvero.

Approfondimenti
Lascia un commento

I commenti sono moderati. Vi chiediamo cortesemente di non postare link pubblicitari e di non fare alcun tipo di spam.

Invia commento

Twitter:

sabato 23 Settembre 2023