“La mia vita oltre lo sci”: intervista a Fulvio Valbusa

Cos’hanno in comune Cappuccetto Rosso, i tre porcellini e la cicogna della celebre favola di La Fontaine? Tutti loro, nessuno escluso, hanno avuto a che fare con un malvagio ed avido antagonista, da sempre considerato il cattivo per eccellenza: il temibile lupo.

Fortunatamente la letteratura, per quanto preziosa testimonianza delle straordinarie capacità intellettuali dell’essere umano, resta finzione e non sempre descrive il vero. Per cancellare dalla propria mente l’immagine del lupo che voracemente sbrana l’ingenua piccola dal mantello rosso, è necessario trascorrere un po’ di tempo con chi questi animali li conosce davvero.

Fulvio Valbusa, che fino a qualche anno fa viveva con gli sci ai piedi, giunto alla fine della propria carriera di fondista ha deciso di tornare nel suo paese natale, Bosco Chiesanuova, dove lavora come guardia forestale. Conoscere la sua storia di sciatore non è difficile perché, come lui stesso suggerisce, «per quello c’è Wikipedia». Per comprendere cosa si provi a stare in mezzo ai lupi è necessario invece fare due chiacchiere con Fulvio o leggere Randagio, libro in cui si racconta e parla di questa sua «nuova vita».

Com’è cambiata la Sua vita dopo aver appeso gli sci al chiodo? Di cosa si occupa ora?

Dopo essermi reso conto che la mia carriera di sciatore stava volgendo al termine sono tornato nel mio paesino natale, in un periodo in cui, tra l’altro (e forse non a caso), il lupo stava iniziando a ripopolare la Lessinia. Una zona che prima giravo in lungo e in largo per allenarmi ma che poi ho iniziato a guardare con occhi diversi e più curiosi. Smettendo di sciare ho così avuto la possibilità d’innamorami ancora di più della mia terra. Un pomeriggio d’autunno, poi, mi sono innamorato d’un amore nuovo, travolgente, dopo essere stato inaspettatamente colto da uno straordinario incontro. Passeggiavo in un bosco di abeti e faggi alla ricerca delle fototrappole che avevo collocato per monitorare la fauna, quando mi sono ritrovato davanti ad una coppia di lupi: Slavc e Giulietta, la prima coppia alfa formatasi in Lessinia fra 2012 e 2013, luogo in cui il lupo mancava da centocinquant’anni.

Cosa ha provato quando, da solo, si è ritrovato davanti a ben due lupi? Ha avuto paura?

Questa è una domanda che mi fanno spesso. La verità è che per me è stato amore a prima vista. Ero nascosto dietro ad una pianta e i due, inizialmente, non avevano capito che fossi un uomo: ci siamo guardati negli occhi. Il maschio, in particolare, mi fissava: io sono rimasto fermo immobile ed ho trattenuto il respiro, con la speranza che non scappassero e che quello scambio di sguardi potesse durare il più a lungo possibile. Quelle due pupille mi sono per sempre rimaste impresse in testa e nel cuore. Slavc mi ha guardato incuriosito ma allo stesso tempo in un modo estremamente “normale”, quasi a dirmi: «Ebbene? Io sono il lupo, un animale selvatico. Sono così, mi comporto come devo e vivo qui: quindi?». Questo incontro mi ha fatto comprendere quanto un animale discusso come il lupo, con il quale la convivenza sembra essere pressoché impossibile, sia in fondo un animale selvatico con cui in realtà, con qualche accorgimento, si può convivere. È un opportunista e se può fare poca fatica per procurarsi un pasto, ben venga. Se quindi un animale domestico non è custodito in maniera corretta, possiamo stare sicuri che il lupo sarà lieto di banchettare senza difficoltà. Da quando ho incontrato Slavc e Giulietta non ho più smesso di studiare e seguire questa specie: conosco i branchi ed i loro spostamenti, mi apposto e li spio. I lupi si possono solo spiare perché sono molto elusivi: indosso sempre dei vestiti che nascondo sottoterra in cassette di legno, in modo che non abbiano odori particolari se non quello del bosco. Sono anche stato un periodo in Slovenia per imparare ad ululare: quando lo faccio i lupi mi rispondono e mi vengono a cercare. Poi quando vedono che non sono uno di loro ma un pirla su due gambe scappano.

Mi viene in mente Cappuccetto Rosso, sbranata dal lupo cattivo. Da quello che mi racconta Lei, sembra che il vero problema in merito alla convivenza con questo animale sia il trovare una giusta modalità per proteggere i capi di bestiame. L’uomo, invece, deve temere per sé possibili attacchi?

È più probabile che la più sana delle piante nel bosco ci caschi in testa. Dico questo per far capire quanto sia remota la possibilità che un lupo ci attacchi. Certo è che se passeggiamo con il nostro cane e non lo teniamo al guinzaglio è possibile che un lupo si avvicini a noi più del dovuto ed in tal caso sarà il cane ad essere potenzialmente in pericolo. Per quanto riguarda gli allevamenti, l’uomo non deve temere il lupo poiché vi sono dei modi, come i recinti costruiti alla Sega di Ala, che consentono di proteggere il bestiame al meglio. Se non ci mettiamo in testa di provare a convivere con questa specie la meglio ce l’avrà sempre lui, che non è “cattivo”: fa solo il suo “mestiere” di lupo!

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sabato 17 Maggio 2025