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Fake news: perché ci caschiamo ancora?

Foto di Kajetan Sumila

Fake news, cosa significa oramai lo sanno tutti, o quasi. Nessuna novità, dunque, ma per i più distratti tra gli abitanti di questo XXI secolo, si sta parlando di notizie false, di bufale mediatiche, di informazioni in parte o completamente non aderenti al vero che trovano un perfetto habitat per diffondersi nel caotico universo del web, tra nuovi e meno nuovi media digitali di comunicazione.

Apparentemente legittime o palesemente assurde, rimbalzando agili da uno smartphone all’altro (e da un continente all’altro) le fake news possono diffondersi a velocità vertiginosa, raccogliendo l’attenzione – e purtroppo la fiducia cieca – di milioni di persone, in barba alla realtà dei fatti e con potenziali pericolosissime conseguenze per la collettività.

L’essere umano medio, oggi, è da tempo al corrente della sibillina esistenza delle fake news. Ma perché allora queste malevole pillole di disinformazione continuano ad avere successo, a fare vittime tra i cervelli di tutto il globo? Quali sono i meccanismi che portano molti, ancora troppi, a cadere nella trappola?

Dopo qualche ricerca online (facendo ben attenzione a non incappare in temibili fake news sulle fake news!), ecco in sintesi la risposta: sono i meccanismi di funzionamento del cervello umano a trarci in inganno. Succede infatti, a fronte di un flusso di stimoli, notizie e informazioni incessante e spropositato, che la mente umana adotti “scorciatoie” che semplifichino l’aggrovigliata realtà con cui si deve confrontare quotidianamente, rendendola più comprensibile. Si chiamano “euristiche” e se da un lato ci consentono inconsciamente di riformulare un problema trasformandolo in operazioni semplici o addirittura automatiche – risparmiandoci lunghi e profondi ragionamenti ad ogni piè sospinto – dall’altra peccano di imprecisione e ci espongono a possibili errori di valutazione, i cosiddetti “bias”.

Tre sono i principali bias che giocano un ruolo fondamentale nella selezione, adesione e condivisione di contenuti online, comprese le famigerate fake news. Il primo è l’implicit bias, ovvero il meccanismo secondo cui la nostra mente tende a fidarsi delle persone che hanno con noi un tratto in comune (religione, etnia, orientamento sessuale, età, ecc.) e i social network, che lo sanno bene, non a caso favoriscono la creazione di “bolle” dove l’interazione avviene con individui dalle idee affini alle nostre, comprese quelle sbagliate. Poi c’è il confirmation bias, ovvero la tendenza del nostro cervello a ricercare e accogliere solo le notizie che confermano le credenze che abbiamo già, ignorando, dimenticando o sottovalutando eventuali smentite. Ed infine c’è l’illusory truth effect, noto anche come reiteration effect, secondo cui tanto più siamo esposti ripetutamente ad una certa informazione, anche falsa, quanto più probabile è che prima o poi ci convinceremo che sia vera.

Tirando le fila del discorso, perché le fake news sono efficaci? Perché ci circondiamo di persone in sintonia con il nostro personale sistema di convinzioni, trascurando di considerare e soppesare adeguatamente tutto il resto; perché diamo maggiore attenzione alle notizie che confermano le nostre opinioni; perché più una notizia è diffusa, più la crediamo vera. E se a questo micidiale trio aggiungiamo la naturale propensione di ogni essere umano per le novità e per tutto quanto smuove le emozioni – cosa che ogni bufala si premura di fare, prediligendo contenuti sensazionalistici che scatenano paura, indignazione e rabbia – boom! – ecco qui raccolti i migliori ingredienti per una fake news probabilmente irresistibile anche per i più attenti.

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lunedì 5 Giugno 2023