Domestica e istituzionale: i due volti della violenza sulle donne
L’ultima giornata della 18esima edizione del Festival dell’Economia di Trento vede protagoniste anche tre giornaliste e autrici Alley Oop su un tema complesso e spaventoso come la violenza, presentata in due volumi: Ho detto no. Come uscire dalla violenza di genere, raccolta di vere storie di riscatto a cura di Chiara Di Cristofaro e Simona Rossitto e Senza madre. Storie di figli sottratti dallo Stato, saggio scritto da dieci autrici tra cui Livia Zancaner.
In Italia avviene un femminicidio ogni tre giorni, una donna su tre ha subito violenza almeno una volta nella vita ed essa ci costa 1,7 miliardi l’anno. “Non esiste un tipo specifico di donna che subisce violenza: non dipende dall’educazione, dal carattere o dall’estrazione sociale come si è portati a pensare. Il filo rosso che collega le vicende di tutte le persone che abbiamo intervistato è la difficoltà iniziale a riconoscere la violenza come tale, complice anche il sentimento di vergogna. Ma una volta raggiunta la consapevolezza, queste donne hanno avuto la forza di scappare dagli abusi e di reinventarsi”, spiega Di Cristofaro.
Dalla consapevolezza al riscatto spesso si passa per una seconda forma di vittimizzazione: quella delle forze dell’ordine, delle aule di tribunale e dei media. Quando ci si sofferma sulle ambivalenze anziché sul riconoscimento della situazione di violenza, quando la narrazione passa per parole deresponsabilizzanti come “raptus”, si insinua il dubbio sulla veridicità della vittima e la si indaga. “La famosa vignettista Anna Chicca mette in guardia: “Prima di denunciare attrezzatevi!”. È bene infatti farsi accompagnare nel procedimento giudiziario dai centri antiviolenza, che sono formati per sostenere le donne vittime di abuso: spesso la violenza nasce da relazioni affettive e tutto si complica ulteriormente in presenza di figli. Negli ultimi anni sono aumentati i finanziamenti a queste strutture importantissime ma non sono sufficienti. Si basano ancora principalmente sul lavoro di volontari e sono disposti a macchia di leopardo sul territorio: il 70% dei rifugi si trova nel nord Italia. Dispiace poi che il PNRR non sia stato sfruttato per migliorare la situazione”, prosegue Rossitto.
Senza madre racconta invece attraverso una scrittura oggettiva il dramma reale della sindrome dell’alienazione parentale, una teoria non scientifica bocciata sia dall’OMS che dalla Corte Europea ma che è stata più volte utilizzata dalla giurisprudenza italiana per l’affidamento congiunto o addirittura solo al padre violento. Dopo aver letto moltissime sentenze Zancaner denuncia una ricorrente definizione della madre come “ostativa, simbiotica e alienante” che manipola i figli affinché non vogliano vedere il padre. “La legge italiana prevede una famiglia bigenitoriale e questo fa sì che anche quando l’uomo viene riconosciuto come violento abbia diritto a un periodo di riabilitazione e alla tutela dei figli. La questione risiede nel momento in cui la madre vittima non viene creduta: è un problema di mancanza di formazione”.
Proprio quest’ultima segna una discrepanza tra la magistratura inquirente, che ha un’alta percentuale di persone educate a riconoscere la violenza di genere, e la magistratura giudicante che invece annovera solo il 24% di personale formato. “Solo coinvolgendo anche gli uomini e “indossando le lenti di genere”, come affermato dalla giudice Paola Di Nicola, si potrà giungere davvero alla rivoluzione culturale che ci serve”.
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martedì 10 Settembre 2024