Simon Yates, un sogno rimasto sull’asfalto

Nessuno sport si presta, come il ciclismo, a essere bacino di storie epiche e il Giro d’Italia 2025 ce lo ha ricordato una volta di più. È bastata una sola salita, il Colle delle Finestre, e una sola tappa, la ventesima da Verrès a Sestriere, per riscattare un’edizione della Corsa Rosa piuttosto sbiadita. 

Per raccontare nel modo giusto questa storia bisogna fare un passo indietro, al 2018. 19esima tappa del Giro, da Venaria Reale a Bardonecchia. In rosa da una dozzina di tappe c’è Simon Yates. Pare inscalfibile, solido come mai s’è dimostrato durante un Grande Giro: ha già vinto tre tappe (tutte e tre indossando la maglia di leader) e può amministrare un vantaggio più che rassicurante sugli avversari. Il temibile Chris Froome, che l’anno precedente aveva vinto Tour de France e Vuelta a España, dista quasi tre minuti e mezzo: un’eternità, visto che mancano appena due tappe di montagna. Ma tra queste montagne c’è anche il Colle delle Finestre: 19 km, di cui gli ultimi 8 sterrati, al 9% di pendenza media. Si rivela infatti decisivo. Froome attacca a 80 chilometri dal traguardo, sulle prime rampe del Colle, e affossa – letteralmente affossa – i rivali, firmando un capolavoro: Yates arriva con 40 minuti di ritardo. Perde la maglia, perde il Giro: una sconfitta cocente. 

Veniamo a oggi. Anzi, a ieri. Perché il copione pare identico. In rosa c’è il giovanissimo Isaac Del Toro, che la strada ha nominato capitano della UAE. Anche lui pare inscalfibile: ha vinto una tappa, in un’altra mezza dozzina si è piazzato tra i primi e indossa la maglia di leader della generale da una decina di giorni. Prima della passerella finale a Roma, manca un solo giorno, una sola tappa difficile: le ultime salite. Solo che tra queste, nel 2025 come nel 2018, c’è anche quella che porta ai quasi 2200 metri del Colle delle Finestre. E, nel 2025 come nel 2018, tra i ciclisti che iniziano a sbuffare sulle prime rampe del Finestre c’è anche Simon Yates. Dista quasi un minuto e mezzo da Del Toro e il suo Giro d’Italia è stato piuttosto anonimo. Il suo obiettivo sembra quello di arrivare in fondo sano e salvo: terzo, quinto o nono non fa troppo la differenza. Del resto, alla soglia dei 33 anni e con un po’ di trofei in bacheca, chi glielo fa fare di tirarsi il collo per un Giro difficilmente ribaltabile? Eppure, su quelle prime durissime rampe del Colle delle Finestre, Yates fa quello che aveva visto – ahilui da vicino e poi via via sempre più da lontano – fare a Froome: scatta. Scatta per ragioni che forse fa fatica a inquadrare perfino lui. Ma lo fa. Lo fa perché su quella salita non ha mai finito di pedalare. Per sette anni, dal 2018, una parte di lui è rimasta lì, piantata sui tornanti e sullo sterrato del Finestre. Il suo sogno di vincere il Giro d’Italia si è fermato lì, sporco di sudore, lacrime e polvere. E allora Simon Yates scatta. Scatta per fare pace con quella parte di sé. Scatta per riprendere quel sogno lasciato sull’asfalto. 

L’epica ci insegna che il motore principale delle vicende degli uomini è la Fortuna, cioè il destino. Non esistono progetti, ma solo ciò che il caso vuole per te. Che pare un controsenso, è vero. Ma se si guarda il Giro d’Italia di Simon Yates e la Verrès-Sestriere non possiamo non convincerci del fatto che fosse scritto da qualche parte che quella sconfitta del 2018 – no, di più: che quella umiliazione – dovesse trovare infine una riappacificazione proprio là, sul Colle delle Finestre. Dove Yates ha finalmente riconquistato il proprio sogno rosa. 

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domenica 8 Giugno 2025