FDS 2025, Zidane: “Rispettare sempre gli altri”
La strada di Marsiglia ha partorito un fenomeno straordinario, un leader eccezionale e di una qualità irreplicabile: Zinedine Zidane. L’ex Pallone d’Oro si è raccontato all’Auditorium Santa Chiara e i suoi occhi hanno lasciato intendere il forte amore che prova per il gioco del calcio.
“Come tutti i bambini, ho iniziato per strada. A Marsiglia si giocava sempre con la palla” ha detto ricordando le sue prime partite. Da lì, passo dopo passo, talento e sacrificio hanno costruito il mito di Zizou. “Lavorando si può fare tante cose. Senza fatica non si diventa campioni”. Un campione, ma prima di tutto una persona per bene. “Il rispetto non deve mai mancare, qualunque cosa succeda. È quello che ho insegnato ai miei figli e sono fiero di loro perché lo fanno”. La Juventus è stata uno dei capitoli centrali della sua carriera: “Anni bellissimi, vincere era sì o sì, in casa e fuori”. Eppure, la Champions, a Torino, rimase un sogno: “Noi abbiamo perso due finali, non è facile”. Il destino lo portò poi a Madrid, con una firma insolita: “Ero a Monaco a cena con Florentino Pérez. Mi scrisse su un bigliettino se volevo andare al Real. Avevo trent’anni, era una grande opportunità. Accettai”. Tra i ricordi più forti, Zidane non ha dubbi: “La vittoria al Mondiale del 1998 è stata la partita più bella della mia vita”. Il gol più importante? “In semifinale contro l’Ajax, vincemmo 4-1. Quella sera capii che avevo fatto una grande gara”. Il rivale più forte incontrato? “Ronaldo il Fenomeno. Inarrestabile”. L’addio al calcio arrivò a 34 anni, in una partita contro il Villarreal: “Scelsi io di smettere. Non sopportavo più le trasferte e gli alberghi, volevo stare con la mia famiglia. Potevo giocare altri due o tre anni, ma non volevo più”. Il dopo calciatore portò Zidane a una nuova vita, quella da allenatore. “Dopo il ritiro mi sono dedicato alla famiglia, ho viaggiato tanto. Poi mi sono chiesto: e adesso? Ho deciso di diventare allenatore. Ho imparato molto da Marcello Lippi, uno di quelli che più mi ha ispirato. Per me un allenatore ha l’80% del merito del successo di una squadra”. Sul futuro non si sbilancia, ma apre uno spiraglio: “Tengo la Juventus nel cuore. E un giorno mi piacerebbe allenare la Nazionale. È una sensazione che porto dentro”.
Un pezzo di storia vivente. Zidane con la sua eleganza naturale resta il simbolo eterno di uno sport che non smetterà mai di emozionare.
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mercoledì 29 Ottobre 2025