FdS 2025 – Sofia Goggia: io sono libera

“La libertà a cui aspiro, su cui lavoro è quella personale, emotiva e la sento quando ho gli sci ai piedi”, si apre così la chiacchierata con Sofia Goggia al Festival dello Sport di Trento. Da lì prosegue toccando i temi più disparati ma sempre restando fedele a se stessa.
Diventata ormai un’atleta adulta, consapevole delle proprie capacità e del proprio valore fuori e dentro la pista, si aspetta tanto dalla prossima stagione. “La vita sportiva a livello professionistico è totalizzante. Quando supero il cancelletto e mi sale l’adrenalina, è un momento speciale che sicuramente mi mancherà al momento del ritiro. Ho sempre ricercato la velocità ma allo stesso tempo apprezzo la lentezza che mi permette di progettare al meglio la strategia da mettere in atto. A volte mi capita di sperimentare un senso di inadeguatezza ma legato alla vita più che allo sport: conosco il mio valore e non è certo il risultato di una gara a determinarlo”.
Il percorso che l’ha portata a questa consapevolezza di sé è costellato di difficoltà e infortuni dai quali si è sempre rialzata anche grazie alla caparbietà bergamasca che la contraddistingue. “Il dolore è stato un compagno di viaggio per me. Da giovane lo vedevo come qualcosa da cui uscire rinforzata, dopo l’ultimo infortunio invece ho percepito un buio dentro. La sofferenza fisica è una cosa ma quella dell’anima lascia cicatrici profonde che non si vedono. I grandi traumi sono conflitti che stanno dentro di noi e a volte si manifestano nella psicosomatica”.
Nonostante tutto, non si scoraggia né si abbatte. “La vita di un’atleta è aspra, dura, totalizzante, però anche bellissima e non la percepisco come un sacrificio. Un oculista una volta mi ha detto che ho un problema di visione e non di vista. Sono talmente focalizzata sul traguardo che mi perdo ciò che sta intorno. Ci sto lavorando ma mi succede la stessa cosa nella vita: mi concentro sull’obiettivo e ignoro i sacrifici”.
Nessun campione può raggiungere certi risultati senza affidarsi ad un team. “Per suonare la sinfonia giusta devi avere i giusti strumenti. In passato mi è capitato di mettere una buona parte di me nelle mani di qualcun altro anche un po’ per disperazione. Ora ho imparato invece ad affidarmi agli altri con più attenzione e consapevolezza. In una squadra è fondamentale salire tutti sulla stessa barca e guardare nella stessa direzione”.
Ammette poi candidamente di provare molta più paura di quello che dà a vedere. “Da giovane cercavo di schiacciarla con risultati spesso disastrosi, adesso invece cerco di gestirla come tutte le altre emozioni. Mi sforzo di ascoltarla, di imparare da lei e di trasformarla così in una risorsa. Questo mi aiuta non solo in gara, ma anche nell’affrontare tutto il resto. Mi sto per laureare in Scienze Politiche e la situazione globale attuale è veramente complessa. Eppure nello sport è come se vivessimo in un mondo a parte. C’è molta sfiducia e un’avversione alla partitocrazia. Non so neanche in quanti atleti siano andati a votare alle ultime elezioni nazionali”.
L’incontro si conclude a quel punto con un poetico pensiero a Cortina: “C’è una vecchia seggiovia a tre posti che parte dal Duca d’Aosta. Mentre si sale la mattina all’alba, si vede sorgere il sole sulle Tofane e non si può non essere grati per la meraviglia del creato”.
Foto © Archivio Ufficio stampa Provincia autonoma di Trento – Michele Lotti
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domenica 19 Ottobre 2025