FDS 2025 – Marco Belinelli, un canestro tra due mondi

Non esistono giocatori di basket italiani che abbiano vinto, a livello individuale e di squadra, più di Marco Belinelli. Forse l’affermazione è troppo forte, e magari qualche italiano che quantitativamente abbia vinto più di lui c’è. Ma dal punto di vista qualitativo sfido a trovarne uno: gli scudetti, i titoli MVP, l’anello in NBA, la gara da 3 punti all’All-Star Game. L’unica cosa che gli è mancata, un grande rammarico come sostiene lui stesso, è stato vincere una medaglia con la maglia azzurra. Per il resto, c’è tutto. E l’Auditorium Santa Chiara di Trento, nella cornice del Festival dello Sport, è l’occasione giusta per ricordarlo, insieme al grande amico e ora collega Matteo Soragna.

A partire proprio dall’inizio, dai primi passi con la Nazionale: “Ho cercato di entrare in Nazionale in punta di piedi. Ho cercato di portare freschezza e il mio talento in quella squadra. La mia fortuna fu di trovare un allenatore, Charlie Recalcati, che mi faceva giocare, che permetteva che io facessi degli errori. La cosa importante con i giovani è questa: bisogna dare loro tempo e modo di sbagliare, perché è solo dagli errori che si impara”. E sono parole che Soragna riprende e che vuole sottolineare: “Vedo tanti giovani in sala. Sappiate questo: è normale avere paura, è una figata la paura. Poi imparerete, ma non abbiate paura di avere paura”.

Poi la chiamata al draft da parte di Golden State Warriors, i 13 anni in NBA in una scalata continua fino all’apice rappresentato dai San Antonio Spurs: “Appena sono arrivato in quella squadra ho sentito subito che volevano vincere l’anello. È stato straordinario incontrare miti come Tim Duncan e Tony Parker. Manu Ginobili l’avevo già conosciuto in Italia, ma ho avuto la possibilità di stringere ancora di più con lui. È stata la persona che mi ha aiutato di più, anche a livello tecnico”. Gli anni di Belinelli in NBA coincidono con quelli di due altri grandissimi talenti della pallacanestro azzurra: Danilo Gallinari e Andrea Bargnani. Eppure, la presenza contemporanea dei tre italiani in NBA non è stata usata al meglio, secondo Matteo Soragna: “Potevamo fare di più. A livello di comunicazione non abbiamo usato benissimo il fatto di avere tre dei nostri in NBA. Il valore di questi tre ragazzi per il movimento della nostra pallacanestro poteva essere enorme”.

Infine il ritorno a casa, a Bologna, alla Virtus: “In NBA sentivo di non essere più centrale, mi vedevano come un veterano, come uno che fa da chioccia ai giovani. Ma io avevo ancora il fuoco dentro, sentivo di voler giocare ed essere decisivo. La scelta è stata facile, l’accordo con la Virtus è stato trovato in un attimo. Ed è stato bellissimo poter festeggiare con tutti gli amici i trofei vinti, cosa che in NBA logicamente non era possibile fare”. Marco Belinelli ha annunciato il ritiro dalla pallacanestro giocata al termine della scorsa stagione. Per lui ora si apre un nuovo capitolo di vita, sempre all’insegna del basket. La speranza è che possa diventare un modello da seguire per i più giovani. Perché è vero che nessuno ha vinto come lui in Italia. Ma nessuno ha vinto come lui… finora.

Credits: Archivio Ufficio stampa Provincia autonoma di Trento – Nicola Eccher

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giovedì 30 Ottobre 2025