FDS 2025, Luciano Spalletti: “Sono un uomo fortunato”
Dal campo di allenamento alle case popolari, fino ai palcoscenici più importanti del calcio mondiale. Luciano Spalletti è diventato un allenatore di successo con il lavoro, la fatica e la fortuna, come ha raccontato al pubblico dell’Auditorium Santa Chiara.
“Nessuno mi ha mai regalato nulla nella mia vita. Ho conquistato tutto da solo. Non ho mai avuto un procuratore, né da calciatore né da allenatore. Sono anche un uomo fortunato però, credo molto nella fortuna e sono convinto che mi succederanno cose ancora più belle”. A guidarlo, anche le letture. Dal libro di James Kerr, “Niente teste di cazzo”, ha tratto la lezione degli All Blacks: “Trasferirci belle tentazioni tra di noi. Essere collaborativi e rendere una squadra straordinaria”. Dalle Georgiche di Virgilio ha ritrovato il legame con la sua terra e con il lavoro nei campi: “Tutto quello che è sopra la terra è di tutti, appartiene a Dio, non a chi lo compra”. E in Roberto Baggio ha riconosciuto un’anima affine: “Mi alzo in piedi per lui. Ama vivere nella sua solitudine, come me”. Non mancano i rimpianti, soprattutto legati all’esperienza in Nazionale. “Mi manca solo la prima categoria da allenatore. Avrei preferito non fare la brutta figura in Nazionale. Ho amato i miei calciatori, li ho sempre difesi. Ma in Azzurro ho sbagliato: ho riversato su di loro il mio amore esagerato per la maglia, li ho intasati di richieste e parole. Ho spinto troppo”. E ricorda anche il caso Acerbi: “Mi ha mandato un messaggio qualche giorno prima della partita per dirmi che non sarebbe venuto”. Il viaggio attraversa poi tappe cruciali. L’Inter e il difficile addio nel 2019, segnato dal caso Icardi: “Dentro l’area di rigore è uno dei più forti che abbia mai allenato. L’esonero fu una situazione antipatica”. La Roma e Francesco Totti: “Con lui ho sempre avuto un buon rapporto. Era il contorno che non mi piaceva”. Napoli e lo scudetto: “Il primo anno vissi in albergo, accanto alla camera di De Laurentiis. Il secondo a Castel Volturno, in una stanza. Tanto io, quando alleno, non faccio altro. Per me alzarmi la mattina e vedere il campo, le linee dell’area di rigore, è la vita stessa”. E, da allenatore sognatore, disegna anche la sua squadra ideale dei calciatori allenati in carriera con il 4-2-3-1: “Szczesny in porta; Di Lorenzo, Koulibaly, Chivu e Jankulovski in difesa; De Rossi e Pizarro a centrocampo; Kvaratskhelia, Totti e Salah alle spalle di Dzeko”.
Sul palco di Trento, Spalletti ha portato la stessa intensità che mostra in panchina: fatta di emozioni forti, di visioni chiare e di quell’energia che lo ha reso uno degli allenatori più iconici e originali della sua generazione.
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mercoledì 29 Ottobre 2025