FDS 2025, Capello e Floris: “Lezioni di calcio e di vita”
Una panchina per due: Fabio Capello e Giovanni Floris. Al Teatro Sociale di Trento si sono incontrati due mondi apparentemente distanti ma uniti dalla stessa passione: il calcio. Capello da una parte, l’allenatore vincente dal piglio severo, e Giovanni Floris dall’altra, giornalista e conduttore televisivo che ha voluto cimentarsi anche con il patentino Uefa B.
Floris, grande tifoso della Roma, rompe il ghiaccio raccontando un dettaglio del suo matrimonio: “I tavoli avevano nomi di calciatori…io e mia moglie eravamo al tavolo Totti, e c’era pure il tavolo Capello”. Un sorriso corre veloce sul volto dell’ex allenatore, che non perde tempo a trasformare l’aneddoto in occasione per una lezione di calcio. “Comincia dal settore giovanile Giovanni. Troppi hanno bruciato le tappe, vedi Pirlo…non era pronto all’inizio. E poi chiediti se sai correggere a livello tecnico i giocatori. Devi crearti uno staff serio. Nessuno allena più la tecnica, e i risultati si vedono…”. Un consiglio che non è solo per Floris, ma per tutto il calcio italiano, spesso accusato da Capello di aver perso la sua scuola. Poi il discorso si sposta sulla costruzione di una squadra, terreno in cui Capello resta maestro indiscusso. “Prima devi capire chi hai in mano, lo schema viene dopo. La cosa fondamentale è mettere i giocatori nella posizione in cui rendono meglio. E attenzione agli acquisti: i calciatori devono saper reggere certe maglie. Io avevo Braida, di lui mi fidavo ciecamente e se mi diceva che un giocatore era da Milan, io ci credevo”. Floris ascolta, punzecchia, sorride. L’intesa con Capello è sincera e si vede quando il giornalista lo trascina nei ricordi giallorossi. Il tecnico si illumina nominando Batistuta: “Non ho mai visto uno colpire il pallone come lui”. Ma basta poco perché Floris stuzzichi il pubblico con una domanda che sa già di colpo a effetto: “E chi ti ha fatto più arrabbiare?”. Il pubblico sa già la risposta, e difatti scoppia in una risata fragorosa appena Capello pronuncia il nome tanto atteso: “Un nome a caso… Cassano!”. Applausi, risate, complicità. Poi l’affondo tecnico che rivela tutto l’affetto celato dietro il rimprovero: “Negli ultimi 25 metri era meglio di Totti. Ma quando lo richiamavi per il comportamento, si scusava e dopo cinque minuti era punto e a capo”.
Il dialogo tra il sergente di ferro e il giornalista tifoso diventa così uno specchio di due passioni diverse che sul palco si intrecciano: la panchina e la parola, la tattica e il racconto, il rigore e l’ironia. Una lezione di calcio e di vita.
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giovedì 30 Ottobre 2025