Bombino, il Sultano della chitarra arriva a Trento

Venerdì 25 luglio, la Piazza Cesare Battisti di Trento sarà illuminata dalle note di Goumour Almoctar, in arte Bombino, uno dei chitarristi blues più abili e apprezzati al giorno d’oggi, tanto da meritarsi il soprannome di “Sultano delle sei corde” da parte del New York Times. Originario del Niger, Bombino cresce nella tribù Tuareg Ifoghas di Agadez, alle porte del Sahara, e comincia a suonare la chitarra quasi per caso, trovandone una dimenticata dai parenti. Muove i primi passi da autodidatta per diventare poi allievo del rinomato chitarrista tuareg Haia Bebe. È proprio a lui che dobbiamo il soprannome di Bombino, storpiatura dell’italiano “bambino” che la band di Haia Bebe – di cui entra presto a far parte – gli affibbia vista la sua giovane età.

Attratto dalle influenze di Jimi Hendrix e Mark Knopfler, studia le loro tecniche fino a farle diventare sue, assimilando quelle sonorità tipiche degli anni ’60-’70, inserendole in un contesto rock-blues di matrice americana, arricchito da vocalismi in Tamasheq, la lingua Tuareg. L’inizio della fortuna internazionale di Bombino avviene quasi per caso, grazie al documentarista Ron Wyman, impegnato a girare un film sui Tuareg in Niger. Wyman rimane talmente colpito dal chitarrista che decide non solo di dedicargli il documentario ma di produrgli anche il primo disco solista (Agadez, 2011). Di lì in poi il successo è travolgente: realizza un secondo disco (Nomad, 2013), prodotto da Dan Auerbach dei Black Keys, suona su palcoscenici importantissimi (tra cui quello del Newport Folk Festival) e collabora con alcuni musicisti di primissimo piano, come Stevie Wonder e Keith Richards.

Le sonorità dei suoi dischi (ne sono usciti altri tre, tra 2016 e 2023: Azel, Seran e Sahel) richiamano quelle dei Tinariwen, suonatori del deserto, ma le sue melodie elettrizzanti, che racchiudono lo spirito della resistenza e della ribellione, trasudano un groove irresistibile. Una versione del blues densa e magmatica, a cui si aggiunge la particolarità di svincolarsi dalla classica metrica basata sul “call and response” tra cantante solista e coro, rimpiazzando quest’ultimo con le disgressioni melodiche della chitarra. Tutto questo mantenendo ben presenti le proprie origini: dai suoi album emerge in maniera chiara il bisogno di tutelare l’identità e la lingua tuareg, il tamasheq, e il pericolo del materialismo per le nuove generazioni.

Bombino è spesso a suonare in giro per il mondo, pur sentendo molto la mancanza di casa. «Non resto mai in tour troppo a lungo. Io vengo dal deserto, e devo tornarci spesso. Se non lo facessi, mi sentirei perso, diviso in due. Sapere che nel giro di due, tre settimane potrò rivedere i miei figli mi fa andare avanti. Una volta ho provato a restare in tour per tre mesi, ed è stato orribile». Il messaggio è chiaro: se Goumour Almoctar è a Trento, non bisogna lasciarselo scappare.

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mercoledì 8 Ottobre 2025