Pensare di poter raccontare anche solo un pezzo di Napoli è un esercizio velleitario, se non addirittura arrogante.
Per questo mi metto in tasca la mia presunzione e tiro fuori il mero resoconto di una giornata trascorsa in questa città sporcata dall’incuria e dalla meraviglia, nella consapevolezza confortante che si tratti di uno sguardo limitato e incompleto, da approfondire ancora e ancora.
Del caos vuoto, del traffico caldo e della pioggia soffocante, da fratello maggiore quale non sono, preferisco non parlarvi. Trovo più originale, in questo caso, raccontarvi della pace che ti coglie di sorpresa, come una marachella scoperta e non punita. Di quel sollievo d’aria e di quell’equilibrio di galleggiamento che a Napoli non ti aspetti. Questa è una visione di parte.
Posillipo in greco Pausilypo letteralmente vuol dire “tregua dal pericolo” o “che fa cessare il dolore”.
Non parlo dei baretti che ti servono un apertass (aperol+cedrata) quando coi tuoi mocassini chiari sei già dentro l’happy-hour.
Parlo delle strade bianche da fare in motorino. Dei tornanti che sono innumerevoli perché innumerevoli sono le volte in cui ci torni. Parlo delle ville settecentesche decadute, ingoiate da onde fameliche. Dei bambini arrampicati sui ruderi per fare i tuffi in un tempo sospeso, dove i vaccini portano sfiga ma gli anticorpi se li fanno comunque. Parlo di pontili abbandonati e avventurosi. Di quando una mattina scendi giù fino a “Giuseppone a mare” e ti ritrovi a noleggiare un kayak del 2013 su una spiaggetta degli anni ’60, di quando un porticciolo può essere considerato serenamente balneabile, di quando un mangianastri spara Patti Pravo e non ti sorprende, di quando i pappagalli addomesticati sul pancione del guardiano presidiano una caletta di sabbia poco distante dal set di Un posto al sole.
Ecco, su quella faccia di Napoli, ti sembra di essere travolto da ellissi temporali continue e vorticose, ma resti in equilibro. Sei aggrappato all’unico tempo veramente utile, quello del ritmo di voga, quello che segna il tuo incedere in una sola direzione, solidale con chi ti accompagna. Il tempo che garantisce un senso, soprattutto alla fatica. Uno, due. Uno, due. Uno, due. In quell’acqua così chiara… Fa cessare il dolore.
Il pic-nic decidiamo di farlo al Parco Virgiliano o “della Rimembranza”. Attraversiamo un’entrata monumentale dopo aver parcheggiato. Scegliamo un sentiero in salita che piano piano ci allontana dal mondo. Ci seppellisce in alto dove puoi respirare meglio. Dove i clacson non arrivano ma, distingui perfettamente l’affanno dei joggers. Uno, due. Uno, due. Uno, due.
La vista su Nisida è il premio per la tua fatica. Come chi riceve elemosina spontanea per aver portato un peso condiviso. Lo depositi sul prato e ringrazi ogni perla di sudore per la quiete rara in cui ti ha condotto, salvandoti dalle buone e cattive notizie della vita di sempre. Tregua dal pericolo.
Bulkington
venerdì 13 Settembre 2024
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venerdì 13 Settembre 2024