Viaggiare o stare da soli non significa soffrire la solitudine. E se nella nostra cultura le due cose sono spesso collegate, talvolta a soffrire è colui che vive in mezzo e con tutti. Viaggiare da soli è decidere per se stessi, imparare a non essere un mezzo di trasporto per le esigenze di qualcun altro. Ma allo stesso tempo è riconoscere che le scelte non hanno ricadute solo su chi le fa, ma sull’altro e sugli altri.
Lungo ogni percorso poi, quotidianamente, si può scegliere se restare soli o meno, a seconda del bisogno di fuggire dalla gente o rifugiarsi tra la gente. Ciò che resta immutabile è che il bisogno di rendere gli altri partecipi delle nostre vite può nutrirsi non solo degli “altri”’ che conosciamo già, ma anche di chi incontriamo strada facendo.
Viaggiare da soli dunque non significa isolarsi e non condividere nulla, perché, in fin dei conti, ci si sente soli unicamente se lo si vuole. Nel chiasso di treni, culture, ostelli e genti che s’incontrano, se si ascolta attentamente la propria “solitudine” è possibile spogliarsi da quelle azioni che in fondo non ci appartengono. È un viaggio vicino all’unione di parola, pensiero, azione e lontano dal pensare ad una cosa, dirne un’altra e farne una terza.
Viaggiare da soli può sembrare una pratica riempita di esotico ma in realtà non si tratta che di ascoltare quando si parla, mangiare quando si mangia, lavorare quando si lavora e riconoscere che l’azione che scegliamo di compiere ha un influsso su di noi, sugli altri e su tutta la Natura.
Nel viaggio da soli se attenti s’incontrano delle fermate con alcuni attaccapanni: scegliere di appendere e abbandonare gli abiti che erroneamente si pensavano come propri è l’occasione per rinnovarsi ed elevarsi oltre gli ostacoli della paura di vivere secondo la propria natura.
Viaggiare da soli II
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lunedì 11 Novembre 2024